IA convegno relatori

Intelligenza Artificiale e Pubblica Amministrazione, incontro a Turi con politici ed esperti

Quando i nostri antenati affilarono delle pietre di selce per costruire dei coltelli, li usarono sia per tagliare il pellame per i vestiti sia per uccidersi gli uni gli altri. Lo stesso si potrebbe dire di altre tecnologie molto più avanzate, quali l’energia prodotta dalla fusione degli atomi come avviene sul Sole, che potrebbe essere utilizzata certamente per produrre energia pulita e rinnovabile ma anche per ridurre il nostro pianeta in un cumulo di cenere.

Papa Francesco al G7 di Fasano dello scorso anno fu molto chiaro a proposito dell’Intelligenza Artificiale, sottolineando la necessità di “uno sviluppo etico degli algoritmi in cui siano i valori a orientare i percorsi delle nuove tecnologie”. Parole chiare quelle del Pontefice di felice memoria, che mettono in guardia senza tuttavia condannare il progresso tecnologico; parole che invitano ad essere attenti ma non oppositori tout court della svolta epocale che si annuncia ma che in realtà è già in atto. Papa Francesco ci indica la via per fugare i dubbi, legittimi, dell’uso che se ne farà dell’intelligenza artificiale: “L’intelligenza artificiale è e deve rimanere uno strumento nelle mani dell’uomo”.

C’è già tra noi – su WhatsApp, ad esempio, dove da un po’ di mesi è comparso un cerchietto azzurro – ma in pochi sanno cos’è in realtà l’IA; in pochi hanno già in mano strumenti cognitivi utili ad accettare consapevolmente questa nuova rivoluzione tecnologica. Ed ecco che, convegni come quello promosso dall’Amministrazione comunale di Turi e curato in special modo dal consigliere delegato all’Innovazione Tecnologica Sergio Spinelli, può considerarsi un’iniziativa lodevole, una ‘prima volta’ di un argomento che per la stragrande maggioranza della ‘boomer generation’, presente in sala in gran numero, risulta ostico, mentre è già pane quotidiano per i nativi digitali.

Il convegno si è svolto il 6 maggio presso l’Auditorium comunale ed ha avuto per tema appunto “L’Intelligenza Artificiale al servizio della Pubblica Amministrazione”,cioè si è parlato diun segmento di un’innovazione di più vasta portata avviata concretamente nel 2022 con il lancio della prima versione di ChatGPT. E subito, dopo il saluto dell’ideatore Spinelli, l’argomento è entrato nel concreto delle problematiche, ben cucito dalla moderatrice Ilenia Dell’Aera che non si è limitata a dare la parola ad uno e all’altro relatore – tutti altamente qualificati – ma è stata essa stessa ‘relatrice’ con introduzioni ben strutturate e illustrate alle domande poste agli illustri ospiti sugli aspetti dell’IA più vicini alla vita della gente.

Il Sindaco Giuseppe De Tomaso, nel suo saluto, ha paragonato l’IA, citando la Bibbia, ad una “nuova Genesi” definendola “rivoluzione delle rivoluzioni i cui benefici già appaiono evidenti per la pubblica amministrazione e la sanità”,sottolineandone tuttavia i ‘pro’ dell’era algoritmica (l’aiuto concreto alle nostre attività quotidiane e alle procedure dell’amministrazione pubblica) ma anche i ‘contro’ (l’eccessivo accumulo di informazioni sensibili in poche mani, che potrebbe scatenare guerre di potere). Turi, tuttavia, accetta la sfida perché il futuro non può che essere migliore del presente. Turi, dice il Sindaco, “si vuole far trovare preparata ad accogliere la sfida” aderendo alle sperimentazioni avviate dalla Regione Puglia per l’ammodernamento digitale dell’apparato amministrativo.

Poi la parola è passata a chi l’Intelligenza Artificiale la crea, l’analizza, la utilizza, la sperimenta giorno per giorno. L’Ing. Cosimo Elefante, direttore del Dipartimento Transizione Digitale della Regione Puglia – Centro Competenza Regionale AI nella PA, ha spiegato i meccanismi dell’IA, una tecnologia che accumulando e rielaborando miliardi di dati pescati principalmente dalla rete è in grado di produrre immagini, testi, soluzioni rapidamente e meglio dell’intelligenza naturale. Dati pescati in rete che, tuttavia, nelle chat generaliste non sono certificate al 100% e possono generare risultati scorretti. Quindi, dice l’ing. Elefante, l’IA va addestrata, nutrita di dati seri, verificati, certificati, va legittimata, ma di essa non possiamo più fare a meno perché è una scelta fatta, è una tecnologia che è già tra noi. E la Regione Puglia si va attrezzando con una normativa ad hoc per utilizzarla al meglio, sperimentando insieme ad altre Regioni italiane azioni concrete che possano dare risposte nel più breve tempo possibile.

L’Assessore regionale al Bilancio, Avv. Fabiano Amati, ha stigmatizzato, con una buona dose di ironia, coloro che ‘a prescindere’ hanno paura del nuovo che avanza, annunciando invece con entusiasmo che nei laboratori dell’Università di Bari è nato il primo ed unico modello di intelligenza artificiale in lingua italiana che di nome fa LLaMAntino. Un chatbot pubblico che è un “piccolo tesoro algoritmico” affidabile, rassicurante perché coniuga metodo e sintassi ed è gestita da una comunità scientifica, quella dell’UniBa, pubblica, aperta, controllata e trasparente che potrà spiegare ai cittadini, ad esempio nel campo sanitario, referti, diagnosi, terapie, usando parole mirate e rassicuranti. LLaMAntino sarà, assicura l’Assessore con orgoglio pugliese, uno strumento tecnologico, un modello matematico trasparente, una factory IA al servizio dei cittadini e non di potentati fuori controllo che possono mettere in pericolo la convivenza democratica. Per l’avv. Fabiani l’Intelligenza Artificiale non mette in pericolo l’Umanità, l’Umanesimo di cui la Cultura occidentale si nutre, anzi l’aiuta a dare risposte più giuste, più neutre, non condizionate “dall’amigdala”, cioè dall’irrazionalità, dall’emotività, dalle paure e dall’ansia di chi è chiamato a prendere decisioni.

L’Avv. Claudio Caldarola, presidente del GP4AI – Global Professionals for Artificial Intelligence aps-ets, ha parlato di ciò che l’Italia e l’Europa stanno facendo per creare proprie factory ‘certificate’, cioè centri di rielaborazione delle informazioni sotto lo stretto controllo dei Paesi europei, e questo non potrà che rivoluzionare anche il nostro tempo del lavoro, riducendo, ad esempio, le giornate lavorative. L’IA nella Pubblica Amministrazione non deve tuttavia esseresinonimo di ‘automatizzato’ ma di ‘aumentato’, tanto è vero che oggi già si parla di IA Aumentata. Automatizzare significa privare l’uomo di ogni forma di controllo, mentre ‘aumentare’ significa aiutare l’uomo ad accrescere le proprie capacità. Ma è fondamentale che i dati siano elaborati nella maniera più sicura possibile, più attendibile possibile e per questo è necessaria una puntuale e seria regolamentazione dell’IA: un argine normativo ai rischi insiti in questa tecnologia che l’Europa sta già mettendo in campo ponendo al centro i bisogni dell’uomo e non l’innovazione ‘costi quel che costi’.

L’Avv. Prof. Luigi Viola, docente dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha preso subito le distanze dalle cosiddette IA ‘generaliste’ che, essendo addestrate con materiali presi on line, pongono un enorme problema in termini di qualità delle risposte. La genericità delle fonti elaborate in queste factory senza filtri, infatti, non prendono in considerazione la specificità della materia posta alla loro attenzione ma pescano alla cieca trattando allo stesso livello una ricetta di cucina e una questione giuridica o medica, tanto per fare degli esempi. E questo, per il prof. Viola, è inaccettabile in primo luogo in un campo molto delicato come quello del Diritto. Le IA ‘verticalizzate’, invece, risultano più consone perché nutrite da staff di giuristi, cioè gente qualificata che sa distinguere le fonti in base ad una gerarchia di valore, che non mette sullo stesso piano l’interpretazione fatta da un articolo di giornale, la ‘Gazzetta Ufficiale’ o una rivista scientifica. Quindi risulta fondamentale addestrare nel modo migliore l’Intelligenza Artificiale affinché la Pubblica Amministrazione possa trarne benefici, escludendo tuttavia a priori i ‘settori valoriali’ perché l’intelligenza artificiale fa fatica a comprendere i valori umani, mentre è fenomenale, ad esempio, nel settore bancario. Insomma, Matematica e Diritto sono due cose differenti, non ce la fanno a coesistere. L’IA è un sistema statistico-probabilistico e non deterministico, questo può generare discriminazioni e dunque, in ultima analisi, la Legge non può essere interpretata da modelli matematici.

Infine, Michelangelo Lerede, giovanissimo ingegnere turese presso l’AngelStar srl – azienda pugliese ad alta tecnologia – con l’aiuto di slide ha chiuso brillantemente la serata ribadendo, con esempi pratici, riferiti anche alla sua esperienza professionale, i vantaggi dell’IA nei settori della Pubblica Amministrazione. Ma questa tecnologia avanzata potrà davvero portare estese e benefiche trasformazioni solo se si riuscirà a coniugare in un giusto equilibrio innovazione ed etica. L’Uomo deve poter rimanere al centro di tutto.

Giovanni Lerede

Ps. Le foto del convegno sono tratte dalla pagina FB di Fabiano Amati

Convegno Liberazione ridotta

CGIL, giornata dell’Antifascismo nel ricordo di Gramsci e Pertini. Turi ‘capitale’ della Cultura, il suo carcere ‘patrimonio monumentale e immateriale d’Italia’

La CGIL, l’Osservatorio Regionale sui Neofascismi e l’antifascismo di Puglia si sono incontrati a Turi il 15 di aprile per rendere omaggio, con qualche giorno d’anticipo, all’80° anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo. A Turi perché qui due figure emblematiche della lotta per la libertà, Antonio Gramsci e Sandro Pertini, sono stati rinchiusi dal fascismo nello storico carcere. E nel nome dell’antifascismo e dei due grandi personaggi della storia del Novecento, il Sindaco Giuseppe De Tomaso ha ribadito un obiettivo importante della sua Amministrazione: candidare Turi quale “capitale della cultura nel nome di Gramsci e Pertini”, facendone un punto di riferimento nazionale dell’antifascismo. La segretaria generale della CGIL Puglia Gigia Bucci, d’altro canto, ha rinforzato l’idea del Primo cittadino avanzando la proposta di inserire il carcere di Turi nel “patrimonio monumentale e culturale d’Italia”.

Nella prima mattinata, una delegazione ha potuto varcare la soglia dell’Istituto Penitenziario per rendere omaggio al busto di Pertini e salire, accompagnati dalla direttrice Nicoletta Siliberti, a visitare la cella di Gramsci, tenendo fede, ha detto la segretaria Bucci, “all’invito di Calamandrei ad andare in pellegrinaggio sui luoghi dove è nata la Costituzione, nelle carceri dove furono imprigionati i partigiani”. E a Turi, in questo grande massiccio ottocentesco nato per essere il nuovo convento delle Clarisse e poi trasformato in carcere, furono reclusi due grandi uomini, due intellettuali antifascisti dai destini differenti ma accomunati dalla lotta per la libertà.
Nell’Auditorium di Largo Pozzi, poi, si è tenuto, davanti ad un numeroso pubblico, un dibattito dal titolo “Costituzione e Antifascismo. Dalla lotta alla Costituzione per un futuro di diritti”, confronto moderato da Stefano Milani, direttore del giornale online della CGIL ‘Collettiva.it’.

Nel primo intervento, Gigia Bucci ha sottolineato come l’antifascismo non va relegato nella storia ma deve essere attivo nel presente. La manifestazione di oggi, ha continuato, non è “uno stanco memoriale” ma l’impegno quotidiano della CGIL nella difesa della democraziaedella Costituzione, nella mobilitazione per un lavoro dignitoso, contro le derive autoritarie e a difesa dei diritti fondamentali come la salute e l’istruzione. La Costituzione si basa su un concetto di pace, ha detto, ma il nostro è un presente di guerra, di incertezza, “di una Destra che dalle istituzioni sta mettendo in discussione i fondamenti della nostra storia repubblicana”. La CGIL vuole essere soggetto attivo di una nuova resistenza a quella Destra che vuole manipolare la storia a suo piacimento, che non proclama mai di essere antifascista. “Ma la storia non si può cambiare”.

Il Sindaco De Tomaso, intervenendo, ha citato una celeberrima frase di Gramsci: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”. Una citazione che mette in guardia sul presente: “La libertà non è mai stata così in pericolo come in questo momento”. Turi, ha aggiunto De Tomaso, vuole riconoscere la grandezza del pensiero di Gramsci con “un museo a lui che sia anche un centro studi sull’antifascismo”.

Lo storico Davide Conti ha definito la nostra Costituzione “un nuovo patto collettivo” tra le forze antifasciste, firmato dai Padri Costituenti dopo una guerra totale che ha coinvolto non solo gli eserciti ma anche i popoli. La Resistenza, ha detto Conti, è stato un movimento trasversale di uomini e donne di diverse estrazioni politiche e culturali, accomunati da un unico obiettivo: porre fine alla dittatura e cacciare l’invasore tedesco. La nostra Costituzione è antifascista e, in quanto tale, invisa alla Destra di governo che fa fatica ad accettarla. Essa è nata con un voto libero e universale ed ha come principi cardine la libertà, il lavoro e la sovranità del popolo.

Antonella Morga ha spiegato che l’Osservatorio regionale sui Neofascismi, di cui è la responsabile, è nato perché “abbiamo avvertito la pressione montante dei neofascismi”. Da qui l’idea di creare una rete che ha messo insieme CGIL ANPI ARCI e altri soggetti. Una sorta di organismo di controllo sui movimenti neofascisti, per far conoscere alle giovani generazioni il pericolo di un ritorno a quel passato. Parlando con una certa emozione della visita alla cella di Gramsci, ha detto che “i luoghi parlano il linguaggio della memoria di fatti, di lotte, di resistenze che non vanno dimenticati”. Figure resistenti come Gramsci e Pertini, i partigiani e le partigiane sono stati costruttori di pace, molto attuali nello scenario di guerra che stiamo vivendo. “Il nostro obiettivo – ha detto la Morga – è ricordare che le libertà conquistate non sono eterne, vanno difese senza mai arrendersi agli autocrati manipolatori della storia e delle coscienze”. Ricordando, in chiusura, una frase detta da Pertini durante la visita a Turi nel 1980: “Il fascismo non è un’opinione ma un crimine”.
Pasquale Martino, responsabile dell’ANPI Puglia, ha rivolto un pensiero a Gramsci: “Visitare la sua cella è sempre un’emozione profonda. Essa è un luogo della memoria così scarno che riporta ogni volta all’inferno patito da Gramsci in un’Italia precipitata nel tunnel del fascismo trionfante. In questa situazione Gramsci, peraltro malato, fragile, in dissenso non solo con il regime ma anche con il suo partito, nell’isolamento totale pensa, elabora, scrive sull’Italia del suo tempo con grande lucidità e lungimiranza”. Poi un preoccupato avvertimento: le forze democratiche, allora come oggi, sembrano in ritirata. Serve, invece, un nuovo percorso costituente, una nuova unità delle forze politiche e culturali antifasciste tenendo come punto di riferimento imprescindibile la nostra Costituzione. Facendo riferimento ai referendum del prossimo giugno, relativi al mondo del lavoro, li ha definiti “una barriera” alle leggi palesemente anticostituzionali del Governo Meloni.
Vittorio Ventura, coordinatore della ‘Rete della conoscenza’, ha parlato, invece, dell’importanza dei luoghi di formazione, cioè le scuole, le università, dove “i neofascisti sono bravi a camuffarsi, impegnati come sono a infilarsi nei luoghi dove i giovani si formano”. Lasciare loro il campo libero – ha detto – è rischioso, l’antifascismo deve essere attivo, presente a cominciare proprio dalle scuole e dalle università. “Gramsci è l’autore italiano più tradotto nel mondo, il suo pensiero va però riletto alla luce dell’oggi anche per permettere all’antifascismo di fare autocritica sulle proprie debolezze, come scriveva lo stesso Gramsci”. Bisogna chiedersi, ha detto Ventura, perché le giovani generazioni sono attratte dalla Destra. Tanti giovani abbandonano il Sud, ed è a queste generazioni che si deve parlare per poter aspirare ad un “antifascismo eterno”.

Tania Scacchetti, segretaria generale SPI-CGIL, infine, ha ammonito sulle derive del momento. “La nostra è una democrazia ancora fragile – ha detto – bisogna lavorare sulla memoria, c’è troppa indifferenza su ciò che sta accadendo… La gente comune vede la lotta di liberazione dal fascismo e dal nazismo come storia lontana e non fondante del presente”. Se Gramsci, Pertini, i partigiani sono stati antifascisti da morti, come essere oggi “antifascisti da vivi”, si è domandata? Si è antifascisti oggi se si è capaci di dare sostanza reale, concreta ai principi della Costituzione. Per raggiungere tale obiettivo bisogna riappropriarsi della politica, anche se dalla politica ci sentiamo traditi essendo venuto meno quel patto di costruzione sociale, di riequilibrio delle ricchezze che è la base per immaginare un futuro migliore per tutti. “Le celebrazioni, in tempi come questi – ha concluso la Segretaria nazionale SPI – devono contribuire a recuperare la partigianeria, la presa di posizione, per combattere l’indifferenza a cui sembriamo essere stati condannati”.

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti” (Gramsci,1917).

Giovanni Lerede

Foto tratte dalla pagina facebook della CGIL Puglia

LUTE direttivo rid

La LUTE di Turi ‘inaugura’ l’anno accademico 2024-25 con 100 iscritti e 25 attività in corso

La convivialità, la voglia d’uscire di casa e dai social per conoscere, imparare, guardarsi negli occhi, abbracciarsi. Sono queste motivazioni di fondo ad aver spinto un centinaio di persone ‘di una certa età’ ad iscriversi e frequentare i corsi della Libera Università della Terza Età di Turi. Una creatura ‘sofferta’ la LUTE, nata tanti anni fa dalla ferrea volontà della prof.ssa Carmela Vittore, ma poi fatta naufragare, come ha lei stesso raccontato, da chi nel ‘palazzo’ non ne aveva compreso le potenzialità sociali. La volontà di riprendere il discorso, di superare i muri e le porte sbattute in faccia, ha tenuto in piedi la speranza che la nave, prima o poi, avrebbe ripreso la navigazione. Nel frattempo, però, la prof.ssa Vittore ha tenacemente provveduto a tenere accesa la fiammella, tessendo la tela dei rapporti – fondamentali in ogni progetto – e calamitando via via intorno a se un bel gruppo di persone, convinte anch’esse a farsi trovare pronti per cogliere quella ventata nuova necessaria a rendere nuovamente concreto il progetto. Dopo il cambio di amministrazione, gli ‘angeli custodi’ – così la Vittore definisce il Direttivo della LUTE – hanno spinto sull’acceleratore e messo a punto i permessi, l’organizzazione, il tesseramento, passaggi che hanno poi permesso di mettere in calendario tutte le attività ‘accademiche’.

La sera del 16 ottobre scorso furono presentati, simbolicamente, nella sala del Consiglio comunale lo staff dirigenziale, i corsi, i docenti; dopo tre mesi intensi, con 25 attività in itinere (corsi, laboratori, seminari, incontri tematici), l’8 febbraio al Chiostro delle Clarisse, l’inaugurazione ufficiale dell’anno accademico 2024-25, alla presenza delle Autorità comunali, questa volta non più ostacolo ma partner. Il Sindaco Giuseppe De Tomaso e l’assessore alle Attività Culturali Teresa De Carolis, infatti, nei loro interventi hanno dato pieno e convinto sostegno all’iniziativa, arrivando a riconoscerne l’alto valore culturale e sociale. Tre mesi di attività, che la vice-presidente LUTE, prof.ssa Rosanna Palmisano, chiamando a soccorso poeti del calibro di Coelho e Gibran, ha definito “un sogno che si avvera”. Il sogno della prof.ssa Vittore che ha trovato anche il pieno sostegno della Regione Puglia e della presidente nazionale FEDERUNI, prof.ssa Fonte Maria Fralonardo, la quale scherzosamente ha detto: “…una lezione al giorno toglie il medico di torno”, ribadendo così l’aspetto fondamentale dello stare insieme, del condividere, del tenersi sempre in attività per uscire da quell’isolamento sociale che spesso ci avvolge e ci distacca dal mondo. Anche il prof. Francesco Bellino, già docente di Bioetica all’Università di Bari, nel suo intervento, ha sottolineato la necessità per tutti della socialità – l’uomo non è stato creato per vivere da solo – aggiungendo l’elogio dell’impegno sociale, quello disinteressato, volontario, senza fini personali che è di gran valore soprattutto in questa era di frenetica esaltazione dell’individualismo e dell’edonismo che trova nei social terreno fertile. “L’ente pubblico – ha detto il prof. Bellino, citando un autore napoletano del Settecento – dovrebbe sentire come dovere etico premiare chi s’impegna pubblicamente, chi si dedica agli altri”, additandolo in questo modo a tutta la comunità quale esempio virtuoso.

La serata d’inaugurazione ha visto, tra un discorso e l’altro, intermezzi molto apprezzati dal numeroso pubblico, testimonianza diretta dei primi risultati ottenuti dai vari corsi. Il coro LUTE, in primo luogo, che sotto la direzione dei maestri Pasquale Di Pinto e Francesco Scarola (con il prof. Giuseppe Lonuzzo, oboe) ha dato prova di aver già raggiunto, in così poco tempo, un buon livello di esecuzione; poi i recitanti del Corso ‘Dialetto Turese’ tenuto dal prof. Raffaele Valentini, i quali con maestria hanno recitato brani dialettali, tra cui quello ispirato al celebre detto “Quànne iàcchie u mòneche a càste…”, che ha divertito tutti. Il corsista Raffaele Lefemine, nel presentare il lavoro, ha ringraziato il prof. Valentini per l’attività di ricerca sul dialetto turese che ha fatto, e sta facendo, “per far riscoprire alla nostra comunità modi di dire e di parlare, aneddoti e tutto quanto riguarda la nostra lingua madre”.

Così la serata del sabato è scivolata via in tranquillità e compagnia, tra una riflessione e una risata, tra una musica e l’altra, dimostrando ancora una volta che lo stare insieme senza altri fini se non quello della socialità e dell’arricchimento culturale è la medicina che guarisce ogni male, ogni solitudine, ogni incomprensione.

Testo e foto di Giovanni Lerede

Didascalie foto: 1) Il Direttivo LUTE con la prof.ssa Fralonardo; 2) Il Coro LUTE diretto dal prof. Pasquale Di Pinto; 3) Alcuni corsisiti del ‘Dialetto Turese’.

Elly Schlein con Sindaco rid

Elly Schlein a Turi per parlare del suo libro-programma per una nuova Sinistra di governo

La leader nazionale del Partito Democratico Elly Schlein è stata accolta a Turi nel pomeriggio del 7 febbraio in un Auditorium gremito in ogni settore. Tanti esponenti politici locali ­– il Sindaco De Tomaso, assessori e consiglieri, ­– sindaci e politici di altri paesi vicini – ma soprattutto numerosi cittadini comuni, molte donne e studenti delle scuole superiori della zona, tra cui una delegazione del ‘Pertini’ di Turi. Erano presenti anche: la presidente del Consiglio regionale Loredana Capone, i consiglieri regionali Parchitelli e Bruno, il segretario regionale PD Domenico De Santis.

L’invito alla presentazione del libro ‘L’imprevista’-L’altra visione del futuro’ (edito da Feltrinelli) è partito da Alina Laruccia e da ‘Didiario-Suggeritori di libri’, con l’assist della segretaria locale del PD Lilli Susca, ed è stato subito accolto dalle autrici: la segretaria Elly Schlein, appunto, e la giornalista Susanna Turco. Libro, come ha spiegato la leader, che non vuole essere un’autobiografia, cioè il racconto dell’io, ma il racconto di un noi, di un progetto di governo su cui il principale partito di opposizione e del Centrosinistra sta lavorando da due anni per creare un’alternativa forte, credibile, popolare alla Destra attualmente al governo del Paese, verso cui la Schlein è stata netta nel suo giudizio negativo. ‘Limprevista’, ha spiegato la coautrice Turco – che ha seguito passo passo la Segretaria PD nel suo tour elettorale per le Primarie  –  è un preciso riferimento al fulminante, quanto ‘imprevisto’, percorso politico della Schlein, che aveva abbandonato la scena politica per delusione (era stata vice governatore dell’Emilia, la sua regione), ma poi due anni fa ha accettato tra lo stupore di tutti di ridiscendere in campo alle Primarie del PD, vincendole a mani basse contro ogni previsione e sondaggio. ‘Imprevista’, dunque, ma determinata a creare il cambiamento con idee chiare, per risollevare le sorti della Sinistra e dell’Italia intera. ‘Imprevista’ in quanto giovane e donna, in una politica italiana ancora molto al maschile, soprattutto ai vertici.

L’ora di conversazione con il pubblico presente, che ha sottolineato spesso con applausi i temi più dibattuti del momento politico, ha visto Alina Laruccia manifestare tutto il suo entusiasmo per l’importanza dell’evento, non solo per la presenza di una ospite illustre ma, soprattutto, per essere di fronte a tanta gente a parlare di libri, di lettura, di impegno sociale, temi a cui lei e la sua ‘Didiario’ sono molto legati. La Schlein ha risposto alle domande con una dialettica chiara, concreta, senza mai scendere nel ‘politichese’ ma parlando di cose concrete – sanità, lavoro, scuola – di battaglie politiche in favore delle donne, dell’ambiente, della famiglia, dei lavoratori, di battaglie civili per la difesa di diritti che, ha ricordato, non sono per sempre. Temi di una Sinistra che vuole ritrovarsi e ritrovare consenso, illustrati non con concetti astratti ma richiamando problemi concreti e proposte altrettanto concrete, con stoccate garbate ma ferme alle scelte della Destra al governo. La Segretaria PD, nel poco tempo a disposizione (il giro in Puglia prevedeva nella giornata altri appuntamenti oltre Turi: a Taranto, Bari, Bisceglie) non si è sottratta a nessun tema. Ha ricordato più volte, additandoli ad esempio per tutti, Gramsci e Pertini; ha risposto agli studenti che le hanno posto domande precise e documentate sull’astensionismo e sulle fonti energetiche; ha richiamato tutti all’impegno per il bene comune, per risolvere i problemi e per la difesa dei diritti acquisiti. Sul tema centrale dell’energia, infine, la Schlein è stata netta, ribadendo il no deciso del PD al ritorno del nucleare ventilato dalla Destra e un sì altrettanto netto allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

Giovanni Lerede

Foto di Giovanni Lerede e Fabio Zita (foto al centro: Alina Laruccia, Elly Schlein e Susanna Turco)

Natività Tatulli Turi bassa

Rappresentazione pittorica della ‘Natività di Gesù’ a Turi: ‘pellegrinaggio’ in tre tappe sul tema

Un breve itinerario per le chiese storiche di Turi – San Giovanni, Chiesa Madre, Santa Chiara – alla scoperta della rappresentazione del ‘mistero’ di Betlemme può essere il modo per guardare il Natale con lo sguardo semplice degli Avi e cogliere il significato vero di un avvenimento che ha deviato la storia del mondo.

Chiesa di San Giovanni Battista • La più bella delle “Natività” sotto i nostri occhi è un ‘mistero gaudioso’, una miniatura che quasi non la noti. Sta lì ai margini con altre 14 piccole scene della vita di Gesù e Maria nel dipinto della “Madonna del Rosario” su un altare in pietra sulla sinistra dell’ex-Chiesa dei francescani riformati di S. Giovanni Battista. In origine il quadro abbelliva il gentilizio della famiglia Cavallo (la prima a destra vicino all’ingresso laterale), il cui capostipite Giovanni Antonio è raffigurato quale committente dell’opera. È di antico pennello (1595), eseguita probabilmente dal pittore bitontino (di chiare origini iberiche) Alonso de Corduba, essendo quello di Turi un quadro molto simile a una pittura dello stesso tema e dello stesso autore a Ruvo. I 15 “Misteri” del Rosario inquadrano il trono della Vergine e il Bambino, San Domenico e Santa Caterina ai loro piedi: protagonisti assoluti della scena come in tutte le rappresentazioni di questo genere, che ebbero una grande diffusione dopo l’epocale vittoria di Lepanto contro i maomettani. Il terzo “Mistero gaudioso”, a sinistra, raffigura un presepe; nel piccolo spazio ovale, con abilità da miniaturista, il pittore ha inserito tutti gli elementi tradizionali della Natività: la Sacra Famiglia, il bue e l’asinello, un pastorello adorante, l’Angelo e altri personaggi stilizzati in lontananza; nel piccolo spazio trovano posto anche una colonna classicheggiante, un capanno con tetto in paglia, una roccia e degli arbusti, il tutto coronato da un cielo nuvoloso che tende alle tonalità del tramonto.

Chiesa Madre dell’Assunta • Un’altra tappa di questo breve itinerario d’arte a tema natalizio non può che essere la Chiesa Matrice di Maria Santissima Assunta in Cielo e l’altare della Madonna di Terrarossa o del Rosario nell’omonima cappella (la prima entrando a sinistra). L’altare in legno dipinto, piuttosto malridotto e ora per fortuna in restauro, è della prima metà del Settecento ­– anni quelli di grande trasformazione per l’antica Collegiata turese – ed accoglie nella nicchia centrale la rinascimentale “Madonna di Terrarossa” firmata da Stefano da Putignano; intorno ad essa la sequela, anche qui, dei 15 piccoli quadretti pittorici chiusi da cornicette rococò. Tra questi, naturalmente, vi è quello della “Natività”. Vennero realizzati, insieme all’altare, nel 1742 (come recita il cartiglio) per volontà del medico-fisico Giacomo Zita, con molta probabilità dal pittore Donato Paolo Conversi che in quegli anni era membro influente della Confraternita del SS. Rosario che nella cappella aveva sede, oltre ad essere, con il favore del barone Francesco III Moles, amministratore dell’Università di Turi. Il fotogramma della Nascita di Gesù vede rappresentati su tre piani prospettici tutti i protagonisti tradizionali della scena presepiale: in primo piano i pastorelli, in mezzo la Santa Famiglia con il Bambino avvolto tra le calde braccia materne (il particolare meglio riuscito); sul fondo, il bue e l’asinello, con alcuni elementi architettonici, uno spicchio di cielo e la chioma di un albero. La pittura appare più ‘grezza’ rispetto al “Rosario” dei Riformati, in alcune parti quasi accennata, con un fascio di luce che illumina la stalla di Betlemme da sinistra lasciando in piena ombra San Giuseppe.

Chiesa di Santa Chiara • Dalle miniature passiamo ad ammirare l’unica icona pittorica turese tutta dedicata all’evento di Betlemme: la “Natività” attribuita al pennello di Samuele Tatulli, posta su un altare laterale della Chiesa ex-conventuale di Santa Chiara. È una tela di media dimensione nella quale il maestro, nato a Palo del Colle nel 1754, raffigura Gesù Bambino al centro della scena, con Maria Santissima che lo sorregge amorevolmente mentre lo indica con lo sguardo ad un pastorello adorante; Giuseppe, invece, conversa con altri due personaggi venuti a rendere omaggio al Figlio di Dio. Il gioco dei volti, la diagonale degli sguardi, lo svolazzare degli angeli, il pallio rosso fiammante del barbuto Evangelista Marco e la scelta di porre la Santa Famiglia su un piano prospetticamente rialzato, danno a questa composizione un dinamismo circolare, quasi fosse un vortice la cui energia vitale è nel Bambino venuto a redimere i peccati dell’umanità. Il gioco prospettico della luce scelto dal Tatulli pone la Santa Famiglia di Nazareth in piena luce ma indietro; in avanti, in leggera penombra, è invece la sagoma possente di San Marco, riconoscibile dal leone ai suoi piedi. Si tratta di una ‘intrusione’, una forzatura comunicativa, essendo il Vangelo secondo Marco l’unico dei quattro ufficiali di Santa Romana Chiesa a non riferire della nascita di Gesù.

Giovanni Lerede

Didascalie foto di Giovanni Palmisano: 1) ‘Natività’ con San Marco Evangelista, Samuele Tatulli, Turi, Chiesa di Santa Chiara; 2) ‘Madonna del Rosario’, particolare della ‘Natività’, Alonso de Corduba (attrib.), 1595, Chiesa di San Giovanni Battista, Turi; 3) Altare Madonna di Terrarossa (o del Rosario), particolare della ‘Natività’, Donato Paolo Conversi (attrib.), 1742, Chiesa Madre dell’Assunta, Turi.

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Presentato a Turi il 14° appuntamento con la rassegna letteraria ‘Didiario’. Alina Laruccia: “Siamo una comunità leggente, orgogliosa di amare i libri”

“Non sono solo, ho un libro con me”. In questa bella frase è racchiuso tutto l’amore per i libri e per la lettura che Alina Laruccia da 14 anni, con successo bisogna riconoscere, s’impegna a trasmettere ai giovani lettori delle scuole pubbliche di Turi e dintorni. E l’amore viscerale per la parola scritta dell’instancabile animatrice della rassegna letteraria turese ‘Didiario’ è ricambiato in uno scambio reciproco d’affetto con gli studenti, gli insegnanti e i genitori dei tantissimi ragazzi coinvolti in questi lunghi anni. Diamo qualche cifra di questo legame vivo, profondo tra gli studenti e la lettura: 28.500 ragazzi e ragazze interessati all’iniziativa nei vari istituti scolastici del Sud-Est Barese e non solo; 167 autori invitati a presentare nelle scuole i loro libri; 330 titoli selezionati. Numeri parlanti, incontestabili che la sera del 5 ottobre nella sala conferenze delle Clarisse hanno dato concretezza al successo dell’iniziativa portata avanti caparbiamente da Alina Laruccia.

Il “viaggio fatto di parole, emozioni e cultura”, come ha scritto la stessa curatrice sulla sua pagina fb, è cominciato nel migliore dei modi con la musica d’autore e il festoso chiasso di bambini-lettori, bravi nel passaparola dei versi di Antonella Sbuelz – ‘Il mondo è triste senza di me’ – recitati avendo in mano un libro. Tra quelle antiche mura, che un tempo lontano ha ospitato lavoro e preghiera di donne sacrificate, ora si anima la cultura, e quei libri tenuti in mano dai bambini tra l’entusiasmo degli adulti presenti (hanno richiesto il bis!) sono storie adatte a catturare l’attenzione dei più piccoli per insegnare loro “a leggere per leggere” come ha detto il Sindaco Giuseppe De Tomaso nel suo intervento, aggiungendo altri concetti significativi: 1) ai bambini si deve “insegnare umanità non identità”; 2) leggere significa “viaggiare restando fermi”; 3) leggere significa “acquisire padronanza dei problemi e degli argomenti”; la letteratura è “l’immagine migliore di un popolo”. E ha lodato la rassegna (e la sua animatrice) in quanto, la stessa, “svolge un ruolo pubblico pur essendo prodotta da un’associazione privata”.
Alina Laruccia, nel presentare gli autori e i libri della quattordicesima edizione 2024-25 ha svelato la metodologia utilizzata nella scelta dei temi “che devono far riflettere, guidare i giovani lettori” e perciò sono sempre legate all’attualità. “Tematiche scelte da me – ha detto – aiutata in questo compito dal gruppo di lettura delle Scuole Superiori”.

Ed ecco gli autori che si presentano (quasi) tutti in video, tra il serio e il faceto: Luigi Ballerini, Roberto Morgese, Saschia Masini, Andrea Visibelli e Davide Panizza, Laura Cappellazzo, Laura Bonalumi, Giuseppe Camicia, l’unico a parlare in sala dal vivo essendo qui della zona. Importanti i temi proposti ai ragazzi: caporalato e sfruttamento del lavoro, donne dell’Iran costrette a scappare, disturbi alimentari e disastri ambientali, vivere senza tecnologie, gli anni ’80 del secolo scorso visti attraverso la musica, la Ferrero…
L’assessore comunale alla Cultura Teresa De Carolis, intervenendo, ha anticipato una collaborazione che si va definendo in questi giorni proprio con ‘Didiario’: la realizzazione di un laboratorio letterario intitolato: ‘caro Antonio ti scrivo…’. Un progetto, dice l’Assessore, per mettere in atto un’idea programmatica dell’Amministrazione De Tomaso, con l’obiettivo di focalizzare intorno alla figura di Antonio Gramsci a Turi un punto di attrazione culturale (e turistica) per la nostra città che ambisce al titolo di ‘capitale della Cultura’. Alle scuole sarà proposto un programma di “scrittura libera degli alunni sul grande pensatore”, che proprio nella casa di reclusione di Turi ha generato attraverso lettere, racconti e studi gran parte del suo pensiero filosofico. “Turi, alla stregua di altre città che hanno investito su altre figure importanti della Cultura – ha detto la De Carolis – deve poter attirare turisti verso la ‘casa’ di Gramsci”.
La consigliera comunale Daniela Di Bello, insieme alla collega di Amministrazione Annamaria Di Venere, ha sottolineato il coinvolgimento attivo nella rassegna letteraria di alcune attività commerciali, che ospiteranno nelle loro vetrine i libri di ‘Didiario’.

Alina Laruccia, a conclusione della bella serata di presentazione della XIV edizione di ‘Didiario’, dai social ha inteso rivolgere un pensiero speciale ai bambini destinatari principali dell’iniziativa, bambini, scrive, “che hanno portato con sé una ventata di gioia e spensieratezza. Il vostro entusiasmo è il futuro della cultura, e il nostro compito è nutrire la vostra sete di conoscenza. Ricordate: leggere è aprire le porte di un mondo di avventure e sogni che non finisce mai”.

Laura Bonaluni ha definito ‘Didiario’ “una famiglia” o meglio, come ha aggiunto Alina, “una comunità leggente, orgogliosa di amare i libri”. “Concludiamo questa giornata – ha poi scritto su fb – con la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza che nutre la mente e l’anima, e con la certezza che il legame tra cultura, storia e comunità non fa che rafforzarsi ogni anno. Grazie per essere stati parte di questo percorso. Ci rivediamo in questi mesi, per deliziarvi con ricche sorprese, emozioni e, soprattutto, libri!”.

Giovanni Lerede

Raffaele Valentini e le voci recitanti

‘Maleparole’ di Raffaele Valentini, la poetica della lingua turese

A vent’anni dall’uscita di ‘Parole a memoria’ e a sei dalla ‘Grammatica turese’, il prof. Raffaele Valentini, ex-docente di lingue, studioso di lungo corso, scrittore, giornalista, nonché direttore del nostro giornale ‘il paese’ torna a parlare della lingua turese, della lingua dialettale, con un terzo volume dal titolo ‘Maleparole’. Una trilogia di fondamentale importanza, edita da ‘il paese’, in quanto mette nero su bianco, ancorando al tangibile una cultura fino a qualche anno fa prettamente orale, cioè trasmessa a memoria di padre in figlio senza punti di riferimento letterari, decodificati e proprio per questo a rischio estinzione.

Un pericolo, in parte scongiurato – tanto, però, è andato purtroppo perduto per sempre – da lavori di ricerca come quelli messi in atto in un lungo arco di tempo dal prof. Valentini poi sfociati nei tre libri e in articoli pubblicati su ‘il paese’, giornale fin dalla nascita, nel lontano 1988, attento alla cultura in genere e a quella popolare in particolare.

Nella bella serata di presentazione di ‘Maleparole’, il 19 agosto scorso, organizzata dalla Pro Loco, dal Comitato Feste Patronali e da ‘il paese’, di fronte ad un attento e numeroso pubblico – segno evidente dell’attenzione verso i temi della cultura locale ed anche di stima per l’Autore che a questi temi ha dedicato tutta la sua vita – si è parlato molto dell’importanza delle culture e delle innumerevoli lingue dialettali della nostra cara Italia.

L’atmosfera di amicizia e gioia al Chiostro dei Francescani, una volta luogo di meditazione dei Frati Riformati, ha coinvolto tutti mescolando: dibattito – gli interventi di Lia Daddato (vicedirettore de ‘il paese’), Annalisa Rossi (Soprintendente agli Archivi e alle Biblioteche della Lombardia), Raffaele Valentini, il sindaco Giuseppe De Tomaso, musica ruspante (Oronzo Di Pinto con un pezzetto della nostra Banda musicale cittadina ‘Don Giovanni Cipriani’) e belle letture dialettali teatrate.

Raffaele Valentini ha introdotto brevemente la serata, poi ha passato la parola al Sindaco, il quale ha elogiato il lavoro di ricerca portato avanti dallo studioso turese, definendo il suo ‘Maleparole’ «un lavoro non solo eccellente ma anche divertente». De Tomaso ha poi citato Gramsci, per sottolineare l’importanza dei linguaggi locali nella formazione intellettuale, riferendo di una lettera dalla prigionia con cui raccomandava alla sorella Teresina di lasciare parlare in sardo i suoi bambini per non commettere l’errore di mettere “una camicia di forza” alla loro fantasia invece si “sviluppino spontaneamente nell’ambiente naturale in cui sono nati…”.

Lia Daddato ha sottolineato l’importanza del progetto editoriale de ‘il paese’: «Sono quasi 40 anni che condividiamo con Raffaele la passione per la ricerca e l’attenzione per questo nostro paese, una passione che ci accomuna dagli anni ’80 del secolo scorso, a partire dall’esperienza dell’Arci, una bella esperienza, madre di tante amicizie e tanti progetti, tra cui appunto la nostra rivista ‘il paese’, che ormai vanta più di 320 numeri e tante parole, articoli, ricerche, approfondimenti”. La lingua, il dialetto, i modi di dire, ha continuato la Vicedirettrice de ‘il paese’ “hanno sempre avuto un posto di rilievo nel nostro giornale: ‘Maleparole’ è il 3° libro di Raffaele edito da ‘il paese’ e dedicato al dialetto, ma ricordiamo ‘Parole a memoria’ edito nel 2004 e la ‘Grammatica turese’ del 2018” ed anche le prime tre lettere del ‘Dizionario turese’ pubblicate sui quaderni ‘Sulletracce’ del Centro Studi».

La dott.ssa Daddato ha spiegato i motivi di tutta quest’attenzione al dialetto: «Non solo perché il nostro Direttore ne è un cultore ostinato e appassionato, ma perché crediamo che il dialetto, la lingua della nostra comunità, sia l’espressione più autentica della nostra cultura popolare, sia la sua voce, un patrimonio immateriale che per sua natura rischia di rarefarsi e scomparire». Ma come evitare tutto questo? «Opere come quelle di Raffaele ci offrono una soluzione perché non soltanto ci aiutano a conservare memoria dei suoni, delle parole, delle espressioni, ma ci offrono modi nuovi di esercitare la nostra lingua, scongiurandone la scomparsa”. Infine, un appello: “Il nostro paese ha bisogno di un progetto che metta radici più a fondo, un progetto che s’impegni a valorizzare il nostro patrimonio culturale con la stessa cura e attenzione che Raffaele Valentini ha dedicato al nostro dialetto, valorizzandolo e restituendocelo come una parte di noi».

La dott.ssa Annalisa Rossi nel suo intervento cita il Pasolini del 1951: «”Se una lingua si compie nel suo passaggio alla dimensione scritta, prima, e a quella letteraria, dopo, il volumetto ‘Maleparole’ disegna la strada, con una certezza, suggerita dalla citazione da ‘dialetto e poesia popolare’ di Pier Paolo Pasolini a p. 88: “Quel contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà. Personalmente ritengo che a ragione la parola ‘contadino’ possa essere sostituita dalla parola ‘cittadino’, abilitando, così, la lingua dialettale a dispositivo garante della possibilità di essere pienamente se stessi, in un tempo in cui il concetto stesso di ‘comunità’ ha bisogno di superare, finalmente e felicemente, il confine di un comune, di un territorio, di un Paese…». «La poesia dialettale – ha continuato la dott.ssa Rossi citando ancora Pasolini – è un paesaggio notturno colpito ogni tanto dalla luce”… Come dire, il dialetto nella sua struttura è ontologicamente poetico e con quella dimensione di fisicità e concretezza che è propria delle comunità».

Perché Maleparole nel titolo e versi inversi nel sottotitolo, si è chiesta Annalisa Rossi? «Come dire che il dialetto sia costituito e strutturato di male parole. Cosa sono le male parole? Sono parole cattive, sono parolacce, cioè pronunciate con un’intenzione ulteriore, malevole? Nel volume Raffaele fa due operazioni: un primo livello è quello di conferire dignità di parola scritta a quella che nasce e vive come lingua orale, poi fa un salto ulteriore: la traduzione dall’italiano o da altre lingue – significativa è il brano di Shakespeare –nella lingua dialettale turese di questi contenuti, assegnando la dignità di una lingua poetica al  dialetto turese». Annalisa Rossi ha dunque elogiato il lavoro di Valentini riconoscendogli il merito di questo salto di qualità.

Raffaele Valentini, chiamato in causa dalla domanda della Rossi ha detto: «Maleparole è tutto questo. La mia intenzione è quella di dare al nostro dialetto una dignità propria soffocata nel tempo. L’aver tradotto opere come l’Amleto mi ha dato una soddisfazione profonda perché l’impresa mi ha dato la conferma di come il dialetto possa essere efficace, ne avrete dimostrazione a breve nella recitazione di brani del libro da parte di amici che mi hanno aiutato questa sera».

La bella serata estiva, minacciata ma risparmiata dal maltempo, è stata intervallata da letture ben recitate di alcune ‘Maleparole’, a cura di: Annalisa Scisci, Elena Giannico, Francesco Lerede, Irene Mastronardi, Mario Tateo (bravo a recitare a braccio e in lingua turese un brano dell’Amleto di Shakespeare “Essere o non essere, cùsse iè u uèje!…”), Pasquale Del Re (anch’egli studioso e autore di dialetto), Pasquina Cascarano.

Giovanni Lerede

Didascalie foto: 1) Raffaele Valentini con le voci recitanti; 2) Raffaele Valentini con Lia Daddato e Annalisa Rossi; 3) L’Autore con il sindaco di Turi Giuseppe De Tomaso; 4) Panoramica del Chiostro dei Francescani durante la presentazione di ‘Maleparole’.

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Al Patrono San Giovanni Battista l’omaggio del Sindaco De Tomaso e della Giunta

Il nome Giovanni in ebraico vuole dire “Dio è propizio“. E per il Sindaco di Turi Giuseppe De Tomaso, alla sua prima cerimonia pubblica, l’aver varato la sua Amministrazione il giorno di San Giovanni è stato sì un fatto assolutamente casuale, ma sicuramente di buon auspicio per il lungo cammino appena intrapreso. Un auspicio – quasi una richiesta di protezione al Santo – pronunciato durante la bella cerimonia serale di consegna delle chiavi della città di Turi al Santo Patrono, cerimonia che quest’anno è tornata a svolgersi davanti al Municipio con accresciuta solennità. 

Don Luciano Rotolo, sempre molto attento al corretto svolgimento del rito, ha infatti voluto che il Sindaco e la Giunta aspettassero davanti al portone del palazzo sede del potere laico l’arrivo della statua di San Giovanni Battista dalla vicina Chiesa Madre, sede del potere religioso.

Qui, appoggiato il Santo sul tappeto rosso srotolato dal portone al centro dello ‘stradone’, l’Arciprete in abito processionale, ha preso la parola e ha spiegato il valore simbolico del dono della chiave; poi è toccato al Sindaco parlare. “Nel nostro Sud – ha detto De Tomasoè più sentita la ricorrenza dell’onomastico rispetto a quella del compleanno perché è ancora molto sentito il culto dei Santi“.
Prima di consegnare la chiave al nostro Patrono principale, don Luciano ha donato al Primo Cittadino un piccolo busto di Sant’Oronzo (il Protettore principale) sotto campana. Infine, il rito vero e proprio dell’apposizione al braccio dell’antica statua lignea della chiave d’argento con lo Stemma della città. 
La processione del Santo ha poi ripreso il suo cammino accompagnata dal Gonfalone, dal Sindaco, dai Consiglieri, dai Sacerdoti e Diaconi, dal Presidente del Comitato Festa Patronale, dal Comandante dei Carabinieri, dalla Banda musicale cittadina, dalle Confraternite e dai fedeli.

Giovanni Lerede

Foto di Fabio Zita

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La Banda ‘Don Giovanni Cipriani – Città di Turi’ festeggia i primi 60 anni di vita. La rinascita grazie alla generosità della ‘Willy Green Technology’

No! Le Bande non sono musica di serie B! Chi le compone non sono ‘musicanti della domenica’ ma appassionati di musica (alcuni non titolati) e professori diplomati al Conservatorio, che stanno insieme per il piacere della divulgazione, dell’intrattenimento ‘pedagogico’ che tanto bene fa alle nostre piccole comunità. La dimostrazione di tanta dedizione è sotto i nostri occhi da 60 anni, da quando cioè un grande sacerdote, don Giovanni Cipriani, che sapeva guardare oltre, ha deciso caparbiamente di utilizzare la musica per attrarre a sé i bambini ed emanciparli, istruirli, avviarli al futuro in una Turi che non offriva (e purtroppo non offre) grandi prospettive ai giovani. Il 20 dicembre l’Associazione Musicale ‘Maria SS. Ausiliatrice’ e la Banda musicale ‘Città di Turi’ hanno voluto celebrare l’anniversario dedicando al fondatore della prima Scuola oratoriana di Musica a Turi il tradizionale concerto di ‘Natale in Musica’ giunto alla sua 34esima edizione. L’oratoriano Raffaele Valentini, studioso della Banda, dell’Oratorio e di don Giovanni, ha introdotto il concerto evocando l’entusiasmo degli esordi, le difficoltà del percorso, la tenacia di un curato di campagna nell’affrontare l’ignoto senza grandi risorse, tuttavia convinto che quella fosse la strada giusta per dare un senso distintivo alla sua vocazione e offrire un contenuto educativo al suo Oratorio. Il prof. Valentini ha anche ricordato che la Banda, grazie alla solidità delle origini, rimane l’istituzione più longeva di Turi.

Nelle parole del M° Valerio Savino, invece, le apprensioni dell’oggi per le mille difficoltà quotidiane da affrontare per tenere insieme il gruppo, a cominciare dalla sede storica che è venuta meno. Difficoltà mitigate in questi ultimi mesi dall’entusiasmo rinato grazie ad un evento inaspettato ma sperato che ha aperto uno scenario di continuità al progetto, nato nel lontano 1963, che i veterani della Banda ancora ricordano. Un evento che è ‘manna dal cielo’, un atto di mecenatismo forse mai visto a Turi. A tendere la mano alla Banda ‘Don Giovanni Cipriani’ non è stato un ente pubblico, come pure poteva essere, e nemmeno un’azienda privata di Turi ma la Willy Green Technology srl di Castellaneta. Un’azienda che si occupa di energia solare, quindi lontana dal mondo della musica ma che nella musica, nello sport, nella cultura, nella socialità ha individuato i campi dove intervenire per sostenere, sponsorizzare, incoraggiare attività ritenute utili alla crescita soprattutto dei giovani. I due capitani d’industria Emanuele Ventura (di Castellaneta) e Giovanna Giannandrea (di Turi), coppia nel lavoro e nella vita privata, hanno portato a Turi un carico di contributi e di entusiasmo sbalordendo positivamente davvero tutti, a cominciare dal Sindaco Tina Resta, come ha lei stessa confessato pubblicamente. A beneficiare di questa inaspettata generosità sociale sono stati finora gruppi sportivi, associazioni, comitati e, soprattutto, la Banda. Il dott. Ventura non è turese ma è innamorato del nostro paese e lo ha per così dure ‘adottato’ tanto che della nostra Turi già conosce pregi e difetti, tra i quali l’eccessiva litigiosità. Ma nonostante tutto Emanuele e Giovanna, come tutti ormai familiarmente li chiamano, ci credono veramente e ascoltano chiunque a Turi abbia progetti da proporre, in un’ottica ‘umanistica’ di crescita sociale e di coesione. L’investimento quinquennale di 60 mila euro offerto dalla ‘Willy Green Technology’ ha permesso la riattivazione della Scuola di Musica della Banda, necessaria alla creazione del vivaio e vitale per il ricambio generazionale tra i bandisti. E i primi frutti si sono visti (sentiti) già durante il concerto di Natale alla ‘Sala Enotria’ con la partecipazione tra gli strumentisti di due giovanissimi studenti che fanno ben sperare per il futuro.

Il concerto del 60° anniversario, che sarà celebrato da tutta la collettività prossimamente con l’intitolazione a don Giovanni Cipriani del nuovo parco pubblico realizzato in via Ginestre come annunciato dal Sindaco, si è tenuto di fronte ad un folto pubblico, ed ha seguito un programma improntato alla contaminazione di generi musicali differenti: brani d’opera, temi da film, canzoni napoletane e del repertorio internazionale. Un filo tessuto dalla presentazione di Rosita Rossi. Ed ecco vibrare in sala sonorità bandistiche che rimandano a ‘Il Gattopardo’, ‘Nuovo Cinema Paradiso’, il ‘Barbiere di Siviglia’; poi le canzoni con l’innesto tra la Banda, la voce di Antonia Giove (soprano) e il pianoforte di Cinzia Maurantonio: ‘Non ti scordar di me’, ‘La vita è una cosa meravigliosa’, ‘What a wonderful world’, ‘Tu che mi hai preso il cuore’, ‘O sole mio’, ‘Brucia la terra’ (da ‘Il Padrino’) ‘Torna a Surriento’. In chiusura un medley di brani natalizi.

Tra un ritmo e l’altro, i pensieri e le parole dei musicisti Gianfranco Cipriani, Oronzo Di Pinto, Angelo Palmisano. Il presidente dell’Associazione ‘Maria SS. Ausiliatrice’ Vincenzo Perfido ha poi conferito al dott. Ventura la nomina a presidente onorario dell’Associazione in segno di particolare gratitudine. Emanuele Ventura, d’altro canto, ha offerto un omaggio alla Banda ‘Don Giovanni Cipriani’ dichiarandosi entusiasta per i primi risultati raggiunti e annunciando, con commozione, l’estensione del sostegno economico ad altre realtà bandistiche del circondario al fine di realizzare una formazione musicale territoriale di respiro nazionale, che possa arrivare a pareggiare le grandi Bande dei corpi militari. Infine il dono del Sindaco Resta di una targa alla Banda consegnato nelle mani del M° Savino, il quale ha detto: “La Banda unisce, la Banda è cultura, socialità, integrazione”. Savino ha riposto speranze nella legge regionale di sostegno al mondo bandistico, l’unica in Italia, e ha chiesto alle istituzioni locali maggiore attenzione per la Banda cittadina, che non è un’orchestra di serie B, come ha anche detto tempo fa anche il M° Riccardo Muti in visita a Conversano.

Noi de ‘il paese’, da sempre attenti alle sorti della Banda dell’Oratorio, facciamo appello affinché l’istituzione educativo-musicale voluta da don Giovanni Cipriani, figlio illustre di questa nostra terra, torni ad avere quanto prima pieno uso della sua sede storica, naturale. Nell’attesa, sia dato modo ai bandisti di fare le prove in ambienti confortevoli, adeguati e non arrangiandosi dove capita. Lo meritano innanzitutto per il grande impegno, per il cuore che ci mettono. W la Banda!

Testo di Giovanni Lerede, foto di Fabio Zita

Didascalie foto: 1) Il M° Valerio Savino; 2) Vincenzo Perfido e Valerio Savino con Emanuele Ventura e Giovanna Giannandrea (Willy Green Technology); 3) il doveroso ‘grazie’ al fondatore don Giovanni Cipriani; 4) il Concerto bandistico ‘Don Giovanni Cipriani – Città di Turi’ al completo

Don Lucia Rotolo primo piano

2 ottobre 2023: la Comunità turese accoglie il nuovo Arciprete Don Luciano Rotolo

L’avvio del ministero del nuovo Arciprete Parroco della Chiesa Matrice di Turi è avvenuto con una solenne concelebrazione eucaristica la sera di lunedì 2 ottobre, festa degli Angeli Custodi. La cerimonia è cominciata con una breve processione dalla Chiesa di San Domenico degli Scolopi all’Assunta, con la partecipazione del Vescovo di Conversano-Monopoli Mons. Giuseppe Favale, il neo Arciprete Don Luciano Rotolo, numerosi Presbiteri, i Diaconi e le tre Confraternite turesi. L’ingresso in Chiesa Madre è stato accolto da un numeroso popolo di fedeli ai quali si sono aggiunti i massimi rappresentanti delle istituzioni civili e militari locali, a cominciare dal Sindaco Tina Resta, e poi anche delegazioni di numerose associazioni e comitati; nelle navate gremite, inoltre, erano presenti numerosi conversanesi: i parenti del nuovo Parroco prima di tutto e poi i parrocchiani del Carmine, dove fino all’altro ieri Don Luciano ha prestato il suo servizio sacerdotale.

Il cerimoniale d’insediamento, all’interno della speciale Messa presieduta dal Vescovo, è proseguito con la lettura da parte del Cancelliere della Curia del verbale di nomina vescovile: “Visti i Canoni 523, 524 del Codice di diritto canonico, tenendo presente la delibera n. 17 della Conferenza Episcopale Italiana in esecuzione del Canone 522, in virtù della mia ordinaria autorità, ti nomino Arciprete Parroco della Parrocchia di Santa Maria Assunta in Turi con tutti i diritti e i doveri annessi all’Ufficio che ti viene affidato per la durata di anni 9… Dato in Conversano il 15 settembre 2023. Giuseppe Favale Vescovo di Conversano-Monopoli”. Poi il saluto di benvenuto del Sindaco, dei parrocchiani accompagnato da un dono; il giuramento da parte del nuovo Parroco previsto dalla proceduta canonica, la professione di fede e le firme al verbale. Tutte procedure stabilite dalle leggi della Chiesa e inserite all’interno del Solenne rito eucaristico le quali hanno sacralizzato, ufficializzato e protocollato la presa di pieno possesso da parte di Don Luciano Rotolo dell’Ufficio di Arciprete-Parroco e quindi di nuova guida della Chiesa di Turi, di nuovo Vicario Zonale.

Nell’Omelia il Vescovo Favale, paragonando se stesso e tutti gli uomini di chiesa agli ‘angeli’ mandati dal Signore a mediare e, soprattutto, a promulgare la Parola di Dio, ha detto tra l’altro: “Carissimo Don Luciano accogliendo l’eredità di Don Giovanni Amodio, di Don Vito Ingellis e di tutti gli altri Pastori continua a custodire questa comunità, falla crescere nella Fede, nella Speranza, nella Carità. Aiuta questa comunità a guardare sempre a Gesù, insieme a te… Ti chiedo di stare accanto a tutti non solo quelli che ti saranno vicini nell’attività pastorale ma anche quelli che saranno indifferenti o tu incontrerai solo qualche volta, fa che tutti possano vedere nel tuo volto il sorriso di Dio… Mettiti con umiltà accanto a tutti e non perché hai tutte le ricette pronte ma perché insieme a loro sarai in ascolto dello Spirito Santo che è la guida invisibile della Chiesa. E ti accompagnino, caro Don Luciano, l’intercessione di Maria, a cui tu sei molto affezionato, come anche coltiva l’amore e la devozione a Sant’Oronzo, pastore della Chiesa…”.

E Don Luciano ha voluto esprimere in modo plateale davanti al popolo di Dio il rispetto verso la devozione della comunità cittadina nei confronti di Sant’Oronzo lasciando il presbiterio per recarsi in ‘pellegrinaggio’ nella Cappella della Reliquia dove, accompagnato dal Presidente del Comitato Feste Patronali Andrea Saffi, ha reso omaggio al Santo dei turesi, benedicendo e baciando il Reliquiario.

Il Sindaco Tina Resta è intervenuta per un saluto di benvenuto al nuovo Arciprete: “Ci siamo visti nell’occasione del viaggio in Salento e della festa di Sant’Oronzo, dove ha potuto percepire come questa nostra città abbia il culto e la venerazione profonda per Sant’Oronzo. Ogni cambiamento porta con sè delle perplessità, delle titubanze, però io dico che Don Luciano starà bene a Turi perché Turi è una bella comunità. L’augurio che le faccio a nome di tutta la comunità, è quello di una buona permanenza a Turi dove non sarà nostro ospite ma un altro cittadino turese”.

Per la Comunità parrocchiale ha preso la parola Gianni Guerra: “Caro Don Luciano, qui trovi una comunità pronta a riprendere il cammino con un nuovo compagno di viaggio, sarai per noi padre-maestro ma anche fratello e col tempo condivideremo sforzi ed iniziative per edificare sempre più la Chiesa ed annunciare il Regno di Dio che è vicino ad ogni uomo. Noi ti assicuriamo la nostra buona volontà, ti offriremo le nostre idee e le nostre tradizioni di popolo cristiano… Don Luciano benvenuto nella tua nuova casa, nella tua nuova famiglia…”.

Prima del termine della solenne funzione, Don Luciano Rotolo è intervenuto per un primo saluto alla sua nuova comunità: “Don Giovanni mi disse: vieni per la festa di Sant’Oronzo, vieni in segreto ma poi mi presentò a tutti facendo ‘cìtte cìtte m’inze a chìazze’. Ma lui è così, vulcanico, dinamico. Ma nella serata della Festa davvero fui coinvolto e travolto dal calore, dalla bellezza, dall’entusiasmo che ho letto sui volti di tutte le persone e soprattutto dei giovani che partecipavano alla Festa del Patrono. Quello è stato il mio ‘battesimo’, un’immersione totale nella vostra realtà cittadina. Questa sera desidero dire grazie, innanzitutto al Signore che, attraverso il Vescovo, ci fa incontrare. Grazie a Sua Eccellenza per la fiducia nella mia persona e a tutti i confratelli sacerdoti e ai diaconi che sono presenti e che mi sostengono in questo nuovo impegno. E grazie ai due confratelli Parroci di Turi che conosco benissimo: Don Nicola D’Onghia e Don Giuseppe Dimaggio, che non sono solo colleghi ma soprattutto amici e questo ci sarà di grande aiuto nel lavoro che faremo insieme in questi anni. Un ringraziamento speciale a Don Giovanni Amodio che fraternamente mi ha accompagnato e saggiamente guidato nella delicata fase del passaggio dopo ben 22 anni vissuti in questa comunità. Don Giovanni ha preparato tutto e curato tutto in questo passaggio non facile. Don Giovanni è un amico fraterno e davvero è stato capace di aiutarmi, di sostenermi in questo avvicendamento”.

E a Don Giovanni Amodio, non presente alla cerimonia, tutti negli interventi prima indicati hanno voluto inviare parole di ringraziamento. In particolar modo Sua Eccellenza il Vescovo Favale, che ha detto: “Ha accolto il mio invito ad andare a servire un’altra porzione della nostra Chiesa diocesana e gli sono grato. È costato a lui ed è costato a voi questo distacco, però è bello nella gioia del servizio ecclesiale vivere questi momenti che non vanno desiderati, chiesti ma accolti nella Fede da parte di chi ha la responsabilità di guidare questa porzione di Chiesa indegnamente come il sottoscritto… Ed è bello quando nell’obbedienza della Fede a Dio che parla attraverso i Pastori si mette la propria vita al servizio della gente”.

L’uscita dalla Chiesa Madre del Vescovo, delle Confraternite e dei Sacerdoti, mentre Don Luciano ai piedi del Presbiterio riceveva amabilmente sorridente il saluto personale dalle Autorità e dalle tante persone comuni, è stata salutata dal suono dell’Inno Pontificio di Charles Gounod eseguito dalla Banda Musicale Cittadina ‘Don Giovanni Cipriani’ dell’Associazione Musicale ‘Maria SS. Ausiliatrice’, e da un dono: un’immaginetta-ricordo con il saluto alla comunità del nuovo Arciprete, a cui anche noi de ‘il paese’ diamo un caloroso benvenuto.