Con il pensiero rivolto alla città di Gerusalemme, che etimologicamente significa l’augurio “Jawhe ti dia pace!”, ai lettori de ‘il paese magazine’ e ilpaesemagazine.it indirizzo questa breve lettera, che vuol scandire due temi: la memoria e l’augurio. Per quanto attiene alla memoria ci soffermiamo agli avvenimenti storici della passione, della morte in croce e della risurrezione del profeta Gesù di Nazaret, che la Chiesa raccoglie e celebra come “Mistero Pasquale” nel triduo sacro. La drammatica vicenda del messia Gesù, che aveva iniziato la sua azione pubblica nella Galilea agli inizi dell’anno 27, si conclude il 14 di Nisan dell’anno 30, quando il procuratore della Giudea Ponzio Pilato (26 – 36 d.C.) è a Gerusalemme per assicurare l’ordine pubblico durante un tempo presago di tumulti rivoluzionari. Questo giorno è la vigilia (Parasceve: preparazione) della festa di Peshah (Pasqua, cioè commemorazione del passaggio del Mar Rosso da parte degli Ebrei, guidati da Mosé). Una accreditata cronologia propone la data del 7 aprile di quell’anno (il 14 di Nisan secondo il calendario ebraico) quando alle ore 15 Gesù muore in croce sull’altura del Golgota e viene seppellito a cura di Giuseppe d’Arimatea, membro del Sinedrio, che ne richiede il cadavere al procuratore venuto da Roma, in cui è imperatore Tiberio Cesare. L’8 aprile gli Ebrei celebrano la Pasqua e la tomba di Gesù è vigilata dalle guardie del Sinedrio. Alle prime ore dell’alba del 9 aprile 30 le donne fanno la scoperta della pietra del sepolcro ribaltata e ne informano Pietro e Giovanni che constatano l’assenza del corpo di Gesù. I vangeli raccontano diversi incontri del Risorto: Maria di Magdala al mattino nel giardino della tomba, alla quale affida il compito di informare gli altri discepoli; Cleopa e il suo amico nel tardo pomeriggio sulla strada che porta ad Emmaus; all’apostolo Pietro e poi nella serata a quelli che sono nella sala dove hanno consumato la cena pasquale, allo scettico apostolo Tommaso invitato a verificare la realtà del maestro risorto. Dopo alcuni giorni avviene il suggestivo incontro sulla riva del lago di Tiberiade, quando Gesù prepara per i suoi del pesce arrostito sulla pietra di Tanga e a Pietro affida la responsabilità della guida della comunità. Non possiamo tralasciare di ricordare l’incontro del Risorto con la sua mamma Maria, anche se i testi evangelici non ne danno testimonianza.
L’augurio pasquale è dato dal saluto che il Risorto rivolge a coloro che incontra: “Pace a voi!”. Certifica la sua identità conservando nel suo corpo luminoso i segni della passione: i fori dei chiodi e la ferita inferta al suo costato dalla lancia del legionario, cui la tradizione dà il nome di Longino. A facilitare l’incontro e il riconoscimento da parte dei suoi (Maria di Magdala, apostoli) Gesù li chiama per nome e ripete il gesto dello spezzare il pane. Per tutti c’è la promessa della sua presenza nella storia dell’annuncio di un vangelo di verità, di amore e di vita. Buona Pasqua di pace a tutti noi e che la celebrazione della Risurrezione ci sostenga nella testimonianza coerente della nostra fede e ci faccia costruttori di pace in un mondo, ancora dilaniato da tante guerre.
Sac. PASQUALE PIRULLI
*Cogliamo l’occasione della bella lettera di don Pasquale, che facciamo nostra, per inviare a tutti i lettori gli auguri di Buona Pasqua. La Redazione de ‘il paese magazine’ e de ‘ilpaesemagazine.it’
Didascalia: la foto a corredo della lettera è il particolare di una tela del XVII secolo della Chiesa di San Domenico degli Scolopi a Turi. Rappresenta il “Compianto su Cristo morto” con tutti i personaggi del Calvario e in più il ritratto del notar Santo Cavallo. La tela è anche chiamata “La Pietà”, ma impropriamente. La Pietà, infatti, è riferita alla disperazione intima, solitaria, inconsolabile della Vergine Maria che tiene sulle ginocchia per l’ultima volta il Figlio martoriato dalla croce.
Per un approfondimento su questa bella tela seicentesca si rinvia alla lettura di: “Compianto su Cristo Morto. Il ritratto di Santo Cavallo” di Giovanni Lerede, in ‘il paese’ 253/aprile 2017: “A proposito del Compianto sul Cristo morto” di Giovanni Boraccesi, in ‘il paese’ 254/maggio 2017.
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