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Si è chiusa in bellezza la XIV edizione del Festival del Belcanto. A Turi un lungo e qualificato percorso tra musica, canto e arte

La Regione Puglia da qualche anno ha compreso, con lungimiranza, il vicolo cieco in cui il turismo regionale si stava cacciando. Un’offerta turistica prettamente balneare non più del tutto sostenibile, perciò ha promosso nei mesi estivi (e non), attraverso il proprio Polo Arti Cultura Turismo – PACT, numerose iniziative culturali di qualità medio-alta in grado di attrarre turisti anche nelle città e nei paesi dell’entroterra, chiamate sempre più ad attrarre flussi turistici e decongestionare le zone costiere, rendendo il fenomeno turistico regionale più sostenibile e virtuoso. Iniziative che hanno anche il loro focus nella creazione di quella che deve essere una definita impronta culturale che i nostri luoghi e la nostra Regione devono scolpire nella mente del turista. 

Nel novero di queste manifestazioni, rientra senza dubbio, anche per l’elevato livello dell’offerta culturale prestata, il ‘Festival del Belcanto’ di Turi, kermesse estiva che da ben XIV edizioni si svolge nella nostra cittadina e che si è ormai da tempo ritagliata a tutti gli effetti un interessantissimo spazio nel panorama della lirica pugliese e nazionale, mantenendo sempre fede alla propria “mission”: quella di dimostrare che le passioni ed i sentimenti raccontati dalla lirica possano e debbano incuriosire ed appassionare tutti, comprese le nuove generazioni,  facendo così uscire la lirica fuori dal concetto di ‘nicchia’, di modo che, tutti possano appropriarsi e godere di ciò che l’Unesco ha riconosciuto quale patrimonio immateriale dell’Umanità.

Proprio a supporto della destagionalizzazione dell’offerta turistica, quest’anno, sempre col patrocinio della Regione Puglia, il “Festival” ha avuto il suo prologo già nel periodo di Quaresima, con un primo evento, ed in particolare nella giornata del 17 marzo nella suggestiva cornice della Chiesa di Santa Maria Assunta di Turi, allorquando l’Orchestra Filarmonica Pugliese-OFP diretta dal Ferdinando Redavid, la Corale Jubilate di Conversano ed i Soli: Valentina De Pasquale soprano, Margherita Rotondi nel ruolo di contralto, Giuseppe Cacciapaglia tenore e Lorenzo Salvatori basso, hanno magnificamente portato in scena gratuitamente per il pubblico, la “Messa di Requiem in Re minore K 626, per Soli, Coro e Orchestra” del genio austriaco W.A.Mozart. Musica “sacra” che ha visto un’ulteriore e secondo evento il 21 maggio, quando presso la Chiesa Santa Maria Ausiliatrice in Turi, in concomitanza con la novena per S. Maria Ausiliatrice si è realizzata una serata in cui si è ripercorso un viaggio nella storia del dolcissimo canto alla “Vergine Maria” che ha attraversato i secoli, presentando brani di Back/Gounod, Piazzolla, Verdi, Mercadante, Caccini e Shubert arrangiati dal M° Angelo Basile direttore del quintetto d’archi “Orchestra della Magna Grecia” con la partecipazione di Angela Lomurno, soprano dalla vocalità assai versatile.

Oltre al patrocinio della Regione Puglia e del Comune di Turi, la XIV edizione del Festival ha visto l’ingresso come main sponsor prima della Willy Green Teconology Srl, e da maggio anche dell’Aps “Cultura & Armonia” ad essa collegata, fondata da Emanuele Ventura e Giovanna Giannandrea i quali con grande lungimiranza e spirito d’iniziativa hanno pienamente sposato il progetto. Nella serata clou della rassegna estiva, l’Aps Accademia “Chi è di scena?!”ha omaggiato i fondatori di “Cultura & Armonia”, col premio onorifico di soci benemeriti onorari dell’associazione.

Incentrate sulla formazione e sui giovani, sono state le altre due serate estive del “Festival”, in piena sintonia anche con la vision di “Cultura e Armonia” Aps. Nella serata del 27 luglio, onde preparare l’ascoltatore ad un migliore e più consapevole ascolto della “Madame Butterfly – la vera sposa americana” messa in scena il giorno seguente, si è tenuta una conferenza patrocinata anche dall’Ordine dei Giornalisti della Puglia valevole come corso per i crediti della formazione continua giornalistica, dal titolo “Madame Butterfly e il dramma d’amore nel teatro pucciniano”,che ha visto l’intervento della nota giornalista e critica musicale barese Fiorella Sassanelli, in dialogo con i colleghi Sebastiano Coletta e Serena Greco.

Nella serata conclusiva del 4 di agosto, nel largo dinanzi Palazzo Gonnelli è stata la volta dell’assegnazione del prestigioso “Premio Belcanto” da sempre assegnato alle eccellenze liriche del territorio pugliese che contribuiscono a diffondere il nome della Puglia nel mondo, quest’anno consegnato al soprano barese Amelia Felle: soprano dal vastissimo repertorio di gran respiro, molto versatile, che ha riscosso un grande consenso di pubblico e critica. Il suo esordio avvenuto nel 1981 cantando Vivaldi e Pergolesi con l’Orchestra Sinfonica della Provincia, vincendo anche il Concorso Liederistico Internazionale di Finale Ligure ed il “Voci  Nuove per la Lirica A. Belli” di Spoleto. Nell’operistica, debutta interpretando la splendida Adina ne “L’elisir d’amore” e Norina nel “Don Pasquale” di Donizetti e in “Le nozze di Figaro” di Mozart, con la regia di Gigi Proietti. Superba l’interpretazione di Amelia Felle nel ruolo di Mimì nella “Boheme” di Puccini, diretta nel 1995 dal regista Vincenzo Grisostomi Travaglini, lo stesso regista della “Madama Butterfly – la vera sposa americana” che ha trionfato a Turi lo scorso 28 luglio, per la drammaturgia di Sisowath Ravivaddhana Monipong. Il soprano da diverso tempo alla carriera solistica e teatrale che l’ha portata nei più grandi teatri europei, ha parallelamente affiancato l’esperienza didattica, insegnando con la cattedra di specializzazione in Musica vocale da camera presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma e tenendo corsi e master-class per le Università di Barcellona, Weimar, Lipsia, Dublino, Karlsruhe, Palma de Mallorca, Istanbul, Malta.

A bontà del suo insegnamento va ricordato che ad oggi più di cinquanta dei suoi allievi sono risultati essere vincitori di prestigiosi premi internazionali. Insegnamento svolto anche il quel di Turi, dall’ 1 al 3 agosto con una master-class di canto lirico.

Nella stessa serata del 4 agosto nella splendida piazzetta del centro storico di Turi dalla sublime acustica i giovani partecipanti alla lectio magistralis hanno allietato tutti gli intervenuti, accompagnati al pianoforte dalla docente Barbara Rinero. Il tenore Mu Di ha eseguito “Che dici, o parola di saggio…” tratta da “Canzoni d’amaranta” di F.P. Tosti, “Dal labbro il canto..” dal Falstaff di G. Verdi, e “Un’ aura amorosa” dal “Così fan tutte” di W.A. Mozart, mentre la giovanissima e molto espressiva mezzo soprano Ting Ting, si è cimentata con “O, del mio amato ben” di S. Donaudy, e nella sublime e molto tecnica aria “Inno alla Luna” dalla Rusalka di A. Dvorák. Lo scaltrito soprano Vanessa Guerrera ha interpretato “Je dis que rien ne m’épouvante” dalla “Carmen” di G. Bizet, “Ebben! Ne andrò lontana..” dalla “Wally” di A.Catalani e “Les chemins de l’amour” di F. Polulenc. Particolare menzione merita il giovane Nicolò Tanzella, giovanissimo contraltista dalle notevoli capacità espressive, alle prese con arie di una certa difficoltà vocale, dovuta proprio al particolare tipo di voce usata in epoca barocca, capacità mostrate nell’esecuzione delle arie “Verdi prati” da l’Alcina, “Voi che udite il mio lamento..” da Agrippina, e “Agitato da fiere tempeste..” dal Riccardo I sempre G.F. Händel.

A sostegno della manifestazione canora, anche l’arte figurativa ha trovato il proprio e degno spazio. Infatti dal 2 al 4 di agosto presso Palazzo Cozzolongo, ha sostato la mostra itinerante dell’artista lucano Corrado Veneziano, pittore e regista formatosi al Piccolo Teatro di Milano, con alle spalle esperienze alla regia per la Biennale di Venezia e per la Rai. La mostra dal titolo “Visse d’arte”, è stata l’unica mostra riconosciuta dal Comitato nazionale per le celebrazioni “Puccini100” sostenuta ed auspicata dalla Presidenza della “Commissione Cultura” della Camera dei Deputati. Il ciclo pittorico col quale l’artista ha voluto esaltare la forte tensione figurativa del celebre compositore, in un dialogo fra le note del pentagramma ed i personaggi dei suoi capolavori assoluti, diventati simboli evocativi su cui si fonda una parte preziosa dell’immaginario contemporaneo. Le tele hanno richiamato l’intero repertorio operistico pucciniano, con “le Villi, Manon Lescaut, Tosca, Madama Butterfly, Turandot, Suor Angelica, il Tabarro e Gianni Schicci”, con queste ultime rappresentate da due opere, in cui all’elemento prettamente figurato e simbolico di ciascuna, l’artista ha associato linee orizzontali e parallele tra loro a richiamare spartiti e righe musicali. Tali partiture aeree e pittoriche appaiono separate tra loro da diversi intervalli visivi con il richiamo a corde, fili, rami, scale, onde del mare quali elementi leggeri ed eterei, portatori della primaria suggestione compositiva del Maestro.

Si è chiusa, dunque, questa ricca stagione del Festival del Belcanto, dando un arrivederci al prossimo anno, anche se rimane comunque difficile non pensare ad eventuali altre sorprese nei mesi che mancano alla fine dell’anno solare.

Pietro Pasciolla

Fonti: https://conservatoriosantacecilia.it/personnel/felle-amelia/; “Visse D’Arte” Corrado Veneziano in mostra al Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma dal 19 aprile al 23 giugno 2024.

Didascalie Foto: 1) Il vicesindaco di Turi Teresa De Carolis consegna ad Amelia Felle il Premio Belcanto 2024; 2) Foto di gruppo in piazza Gonnelli (da Sx): Nicolò Tanzella, Vanessa Guerrera, Teresa De Carolis, Amelia Felle, Emanuele Ventura, Giovanna Giannandrea, Ferdinando Redavid e  Barbara Rinero; 3) Inaugurazione mostra “Visse d’arte” a Palazzo Cozzolongo con il maestro Corrado Veneziano che racconta le opere esposte.

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Con la ‘Madama Butterfly’ di Vincenzo Grisostomi Travaglini e Ferdinando Redavid il Festival del Belcanto di Turi è all’apice

Giunto quest’anno alla sua XIV° edizione, il Festival del Belcanto di Turi ha visto il suo acme nella serata dello scorso 28 luglio. La kermesse portata ogni anno a superarsi grazie all’abnegazione dell’Aps “Chi è di Scena?!” ed alla lungimiranza artistica del suo direttore artistico, il Ferdinando Redavid, sin dal 2011 ha consentito alla comunità turese di divenire centro della lirica conosciuto a livello internazionale con affermati interpreti a calcarne il palcoscenico insieme alle tante giovani promesse lanciate e poi affermatesi nel mondo della lirica.

In quest’edizione si è deciso di omaggiare il grande compositore lucchese Giacomo Puccini, nel centenario della sua morte, mettendo in scena, grazie al patrocinio della Regione Puglia, del Comune di Turi ed il sostegno dell’Aps “Cultura & Armonia” di Turi, l’opera più iconica del Maestro, ovvero quella “Madama Butterfly” tratta dal racconto dell’americano John Luther Long, ridotta in libretto dai celebri Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Un’opera avvolta sin dal principio da un’aurea di immortalità, legata indissolubilmente alla sua prima “di fuoco” andata in scena al Teatro alla Scala di Milano il 17 febbraio 1904, quando l’opera a detta dello stesso compositore venne “linciata” dal pubblico presente in sala e sostenitore dell’editore Edoardo Sonzogno, avversario del suo editore Giulio Ricordi. Ritenuta non a caso dal Maestro la sua opera più sentita e suggestiva, e sicuro di una sua rinascita, apportando un ridimensionamento della partitura ed il passaggio dai due ai tre atti, l’esotica opera rinacque come l’araba fenice dalle ceneri della sua prima, il 28 maggio dello stesso anno al Teatro grande di Brescia. Ma sarà col trionfo del 1906, presso le Théâtre National de l’Opéra-Comique di Parigi, che l’opera con il varo della sua quarta versione, resa appetibile ai francesi, entrerà definitivamente nell’immaginario collettivo.

La messa in scena al ‘Sandro Pertini’

Presso l’atrio dell’istituto I.T.E.T.s “S. Pertini” di Turi, la serata è stata aperta con la conduzione affidata alla disinvolta conduttrice Alina Liccione ed ha visto andare in scena “Madama Butterfly” – la vera sposa americana, rivisitazione dell’opera del maestro, affidata alla regia internazionale di Vincenzo Grisostomi Travaglini ed al drammaturgo Ravivaddhana Monipong Sisowath, con le scenografie realizzate da Silvia Giancane e Damiano Pastoressa noto scenografo, già a Turi nel 2021 con il sontuoso allestimento della “Cavalleria Rusticana”, il disegno e le luci di Francesco Bàrbera, gli splendidi costumi realizzati da Fabrizio Onali e Otello Camponeschi. Le note della “tragedia pucciniana” sono state tradotte in musica dalla rinomata e ricercata “Orchestra Sinfonica del Levante”, stupendamente diretta dal Direttore e M° Concertatore Ferdinando Redavid. Travaglini affida la narrazione della storia alla voce narrante della celebre attrice Giuliana De Sio, nel ruolo della vera moglie americana Kate Pinkerton, personaggio fondamentale nell’economia della tragedia rappresentata. Mantenendo le caratteristiche dell’opera originale, la scelta della voce narrante ha consentito allo spettatore di godere di diversi spunti di riflessione sul latente scontro culturale tra i millenari valori orientali, e quelli occidentali già al tempo svuotati dal dilagante cannibalismo capitalistico, scontro culturale che invade da qui sia la figura della donna nelle due società, che la figura della donna d’allora ed oggi.

Il primo atto

La tragedia ambientata nel‘800 nella città portuale giapponese di Nagasaki, vede “Cio Cio-San” una quindicenne fanciulla, conoscere ed innamorarsi di uno spavaldo giovane tenente della marina statunitense, “B.F. Pinkerton”. Di famiglia un tempo ricca poi caduta in disgrazia a causa del “seppuku”(suicidio rituale) del padre, la ragazza si era vista costretta per vivere, sin da subito a fare la geisha (si badi bene, non prostituta, ma artista e intrattenitrice), e così aveva avuto modo di conoscere un sensale senza scrupoli di nome “Goro” interpretato dal giovane “Prisco Blasi” tenore di prospettiva, che la fa conoscere all’ufficiale, il quale per puro spirito d’avventura e incarnando il carattere predatorio capitalistico dell’Occidente irride il costume ed i valori morali nipponici e quindi anche il contratto matrimoniale, che gli consente in qualsiasi momento di lasciare il tetto coniugale. Il console degli Stati Uniti a Nagasaki, “Sharpless”, uomo più maturo ed il più dotato di buon senso in tutta la narrazione, intuisce i seri valori della ragazza e mette in guardia il giovane amico, specie quando apprende la storia della ragazza ed il fatto che a suo dire “sia nell’età dei giochi”. Il matrimonio si celebra comunque e la ragazza abbraccia la fede religiosa ed i costumi occidentali, venendo ripudiata dallo zio bonzo, interpretato da Francesco Susca, e dal resto della sua famiglia. Abbandonata per sempre la sua famiglia, Cio Cio-san si lega ardentemente al marito appena sposato col quale si prepara a consumare. Molto apprezzato il duetto tra il pimpante Pinkerton interpretato dal tenore “Joan Laìnez” e Cio Cio-San interpretata dal soprano “Valentina De Pasquale” con “Viene la sera … Bimba dagli occhi pieni di malìa”, col quale si chiude il primo atto.

Il secondo atto

Il secondo atto, vede un avanzamento di ben tre anni dal momento dello sposalizio, l’ufficiale partito subito dopo il matrimonio alla volta degli USA, promette di ritornare a primavera, ma dopo tre anni d’attesa con le finanze in rosso, l’inserviente “Suzuki” interpretata dal soprano turese “Angela Alessandra Notarnicola”, stanca dello struggersi in lacrime della propria padrona, prega Buddha che Cio Cio-San divenuta col matrimonio Madama Butterfly “non pianga più, mai più, mai più”. Volendo destare la sua padrona dall’ormai effimero sogno, le ricorda il pragmatico e conosciutissimo comportamento marinaro: “Mai non s’è udito | di straniero marito | che sia tornato al suo nido”. La padrona invece, risentita e forte di un amore ardente e tenace, pur affliggendosi nella lunga attesa, dalla bella casa sulla collina affacciata sul porto, continua a professar la sua incrollabile fiducia nel ritorno dell’amato nella straziante aria “Un bel dì, vedremo”, la più celebre dell’opera, vero e proprio atto di fede in cui la Madama proietta il suo smanioso desiderio di riabbracciare il suo sposo, magnificamente reso in lirica dalla potente voce del soprano Valentina De Pasquale. Sharpless, ricevuta una missiva di Pinkerton, si dirige alla casa sulla collina, ma mentre inizia a leggerne il contenuto si rende conto della meschinità dell’ufficiale risposatosi in patria, quindi molto preoccupato per le sorti dell’ignara e tormentata Madama le chiede che cosa farebbe “s’ei non dovesse ritornar più mai”. Lei, quasi balbettando per il colpo inaspettato, gli risponde “Due cose potrei fare: tornare «a divertir | la gente col cantar, | oppur, meglio, morire”. Oserei dire che quasi un paterno Sharpless, magistralmente interpretato dal baritono “Carlo Provenzano”, prova a strapparla dai miraggi ingannatori prima che sia troppo tardi, spingendola ad accettare la proposta di matrimonio del ricco “Yamadori”, ma lei rifiuta e gioca la carta del bambino di nome “Dolore” frutto del suo amore per l’ufficiale, dicendogli di scrivere a Pinkerton per comunicargli che lo aspetta un “figlio senza pari”, chiudendo il discorso sul cosa accadrebbe in caso di non ritorno, con l’aria che segna a mio avviso la mutazione finale della Madama Butterfly da ragazzina a donna, “Sai tu cos’ebbe cuore|di pensar quel signore?” sublimemente interpretata dalla voce tormentata e potente del soprano Valentina De Pasquale quasi a lasciar presagire l’onorevole e tragico epilogo.

Il finale

Li Sharpless, come un qualsiasi spettatore, ha la quasi certezza del triste finale che attende la Donna e la certezza di non poter far più nulla per salvarla dal suo destino. Quando un dì, Madama Butterfly avvista da lontano la nave “Abramo Lincoln” su cui è imbarcato il suo amato, si vede ormai già vittoriosamente a lui ricongiunta e lo attende insonne in una lunghissima veglia d’attesa. Veglia che assume però tutt’altro che i toni del lieto fine, infatti Puccini con lo straordinario “Coro a bocca chiusa” dall’astratta raffinatezza timbrica, molto ben eseguito per l’occasione dal “Coro Opera Festival Città di Bitonto” diretto dal M° Giuseppe Maiorano e dal “Coro Vox” diretto dal M° Giuseppe Cacciapaglia, presenta una donna quasi paralizzata, immobile, che non sogna, ma è attentissima e tesissima perché in lei il lento ed imperterrito scavare delle parole pronunciate e lette da Sharpless, la inducono a rielaborare, sgretolando poco per volta la sua incrollabile fede nell’amore. Il phatos raggiunto ed accumulatosi sin qui, da pienamente ragione al Maestro Puccini, contrario al calo di sipario subito dopo il coro a bocca chiusa, perché questo equivaleva a raffreddare la tensione sin lì accumulata, quindi ben ha fatto Grisostomi Travaglini a presentare seppur con qualche scena tagliata ma ben narrata a unire il secondo e terzo atto, di fatto riuscendo ad inchiodare il pubblico ed a travolgerlo nel turbinio degli eventi scenici. Puccini, con uno dei migliori intermezzi della storia dell’opera, racconta il risveglio mattutino della città di Nagasaki che riprende le sue attività giornaliere, ma Butterfly stanca si adagia a riposare. Fuori dalla villa Suzuki, altra figura positiva presente nell’opera, apprendendo che Pinkerton si è risposato con un’americana e dell’intenzione che “del bimbo conviene | assicurar le sorti!”, si appresta a stare il più possibile vicino alla propria padrona, temendo a ragione il nefasto scorrimento degli eventi. Qui l’espressivo mezzosoprano “Angela Alessandra Notarnicola” interpreta meravigliosamente la “pietas” con cui Puccini connota l’animo dell’inserviente posta in una condizione d’indigenza, sul gradino più basso della società nipponica, con “Ma bisogna ch’io le sia sola accanto | Nella grande ora, sola! Piangerà tanto tanto!”. Pikerton, preso da un inusuale senso di rimorso, per il mal procurato a sua moglie, da un addio a quel posto con l’aria “Addio asil fiorito” magistralmente interpretata dal tenore Joan Laìnez, ma si dimostra per quel che è, non in grado di reggere il confronto con la Madama, troppo ampio il divario valoriale tra i due e le rispettive culture di riferimento. La Madama incontra lo sguardo di Kate la vera moglie americana interpretata per le parti recitative da Emanuela Passaquindici e capisce che tutto è perduto decidendo di scomparire, in silenzio, dalla scena del mondo. Suzuki accortasi delle sue tragiche intenzioni cerca in ogni modo di evitarle, così nell’ultima scena mentre Madama Butterfly ha già portato alla gola il “coltello tantō” ricordando le parole del padre suicida “Con onor muore chi non può serbar vita con onore”, l’inserviente in un ultimo disperato tentativo di far rinsavire la sua padrona, col braccio invita il bambino “Dolore” portato in scena dal piccolo Filippo Dell’Aera, ad andare verso la madre affinché alla sua vista fermi la propria mano. Tentativo che ha breve durata, fin quando la madre, bendato e riposto il bambino in una stuoia esegue su di sé l’antico rito suicida del “jigai”. Puccini tocca il problema centrale della cultura del decadentismo, rielaborando il dramma della perdita in una sorta di coazione a ripetere che vede la continua sottrazione di qualcosa alla sfera personale della protagonista, prima il padre, poi i familiari, l’identità razziale, gli agi, il marito, finanche il figlio. Non può che finire con la perdita della vita, questa volta però il cerchio si chiude perdendo la vita per propria mano in modo onorevole.

Pietro Pasciolla

Dodascalie foto di Mariagrazia Proietto: 1) Madama Butterfly, scena del rito suicida finale; 2) Il M° Ferdinando Redavid alla direzione dell’Orchestra Sinfonica del Levante; 3) Giuliana De Sio in Kate Pinkerton narratrice.

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‘Ave Maria’, da preghiera a concerto. Il 21 maggio, a Turi, esibizione del soprano Angela Lomurno

Un canto dolcissimo dedicato alla Vergine, che attraversa secoli di storia della musica per raggiungere l’oratorio della chiesa di Maria Santissima Ausiliatrice, a Turi, dove il 21 maggio alle 20 il soprano Angela Lomurno terrà il concerto Ave Maria, accompagnato dal quintetto d’archi dell’Orchestra della Magna Grecia con arrangiamenti di Angelo Basile.

Promosso dall’Associazione Chi è di scena?! con il patrocinio del Comune di Turi, l’evento rientra nell’ampia programmazione del Festival del Belcanto, perla del panorama lirico pugliese alla sua XIV edizione, portato avanti dal clarinettista e direttore d’orchestra Ferdinando Redavid. Un concerto immaginato come un dialogo sublime tra il soprano e gli strumenti – Francesco Sacco (primo violino), Emanuela Di Palma (secondo violino), Gregorio Giamba (viola) e Piero Dattoli (violoncello) -, che si pone come fine la valorizzazione dell’oratorio e la sua ristrutturazione, grazie anche agli sponsor che sostengono l’iniziativa, come la Willy Green Technology.

Non casuale la scelta della preghiera più famosa al mondo nel mese che la liturgia dedica tradizionalmente alla Madonna. In quel “Χαίρε, Μαρία” (Kàire, Maria) – in greco “Rallegrati, Maria” – riportato nel Vangelo di Luca, è racchiuso il senso di un’iconografia vastissima, dall’ “Annunciazione” più antica della storia dell’arte, databile al III secolo d.C., che si trova a Roma, nelle catacombe di Priscilla. Così anche la musica, attraverso linguaggi diversi, ha immortalato la visita dell’Angelo Gabriele a Maria. Interessante il repertorio di Angela Lomurno, diplomata al conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, una notevole esperienza concertistica in Italia e all’estero: si comincia con l’Ave Maria di Charles Gounod, composta nel 1859 sul tema del Preludio n. 1 in Do maggiore tratto dal I libro del Wohltemperirte Clavier (Clavicembalo ben temperato) di Johann Sebastian Bach. Si pensi che questa citazione ha contribuito, insieme alla straordinaria opera di Felix Mendelssohn Bartholdy, alla riscoperta, in tempi tutto sommato recenti, del compositore tedesco, a lungo dimenticato dopo la scomparsa nel 1750.

Appare curiosa l’origine dell’altrettanto nota Ave Maria di Franz Schubert: fu scritta nel 1825 come Ellens dritter Gesang, cioè “La terza canzone di Ellen”, parte di 7 lieder Op. 52 sul poema The lady of the Lake di Walter Scott, tradotto in tedesco da Adam Storck. Solo in seguito il lieder, dal grande potere evocativo, fu adattato al testo latino dell’Ave Maria e ancora oggi è eseguito in numerose celebrazioni, sebbene non sempre tollerato da alcuni puristi della liturgia.

In programma anche brani meno noti al grande pubblico, dall’essenza profondamente pugliese: ne sono esempi il Salve, Maria di Saverio Mercadante, compositore nativo di Altamura, o l’Ave Maria di Astor Piazzolla, re del tango argentino di origini tranesi, che, con sincera fede, ha dedicato alla Madre di Gesù una delle sue composizioni più belle.

Presentato da Rosita Rossi, il concerto, rientrante nel Piiil Cultura in Puglia – piano strategico regionale della cultura, sarà un’occasione per immergersi nella meraviglia senza tempo di un’invocazione tutta umana, che la musica e l’arte elevano fino al cielo stellato.

Sebastiano Coletta, Ufficio Stampa Festival del Belcanto (3336553236 – sebastiano.coletta@hotmail.it)

Serena Greco (3487649373 – grecoserenags@gmail.com)

Didascalie foto: 1) locandina del concerto; 2) Ferdinando Redavid, direttore; 3) Angela Lomurno, soprano

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Il Festival del Belcanto di Turi si è concluso con un omaggio a Puccini nella suggestiva cornice del Palazzo dei Marchesi Venusio

Un autentico “sogno lirico” ha pervaso dal 28 di luglio il nostro Borgo antico ed il pubblico intervenuto alla kermesse musicale del “Festival del Belcanto”, giunta quest’anno alla sua XIII° Edizione. Nella serata conclusiva del 3 agosto, nel suggestivo salotto ‘barocco’ di Piazza Capitan Colapietro, incorniciato dal settecentesco Palazzo Marchesale Venusio, è andato in scena un autentico viaggio temporale dal titolo “Il Teatro di Puccini. La sua scena, tormento ed estasi”, diretto e narrato dal regista Giandomenico Vaccari, già soprintendente della Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari, musicato dall’Orchestra Filarmonica Pugliese-OFP diretta dal M° Ferdinando Redavid, con le coreografie realizzate dal coreografo Domenico Iannone e inscenate dalle ballerine Silvia di Pierro, Paola Altamura ed Elisa Carbone della “Compagnia AltraDanza” di Bari.

Un omaggio dunque, al teatro, alla musica e alla vita del compositore italiano Giacomo Puccini, il più famoso e conosciuto del suo tempo insieme a Richard Strauss, a quasi cent’anni dalla sua scomparsa. Quel Puccini che, comprendendo ben subito il cambiamento in atto rispetto ai tempi di Verdi con l’affermarsi dell’industria culturale in grado di diffondere le opere in giro per il mondo, sentiva, come pochi, la necessità di capire il suo pubblico e di comprenderne gusti, tendenze e passioni, rappresentando musicalmente i sentimenti e generando un “sinfonismo  operistico” equilibrato, fatto di varietà, rapidità, sintesi e profondità psicologica dei suoi personaggi, comuni, spesso soccombenti e femminili, dando una sostanziale spallata all’Opera magniloquente del’800.

Sotto la volta stellata, rinfrescata da un piacevole zefiro, la narrazione del Vaccari ha seguito un andamento temporalmente sciolto, iniziando con la rappresentazione nella “Boheme”, dell’autentico e puro amore fra il poeta Rodolfo e la dolce ricamatrice di fiori Mimì, ostacolato dalle condizioni di povertà e malattia nella Parigi del 1830. Racconto proseguito nel lontanissimo Giappone, della sofisticata ed esotica “Madama Butterfly”, con la sua inquieta e moderna eroina Cio-cio-san, dotata di una fede incrollabile nell’amore e di un granitico senso dell’onore. Narrazione condotta poi nella Roma papalina, ai tempi della repressione post-repubblicana, con la tragedia universale dell’inafferrabilità dei desideri e delle promesse non mantenute della “Tosca”, opera dirompente e dal fascino estremo, in grado di irretire lo spettatore col suo ritmo musicale travolgente, privo di tempi morti, e con la sua protagonista dotata di una personalità passionale, sensuale, ma anche profondamente credente in Dio.

Punto d’approdo della serata è stato nuovamente l’Oriente con la misteriosa Cina imperiale della sanguinaria principessa Turandot. Opera ultima ed incompiuta del M°, la “Turandot” è intrisa del Mistero dell’Amore, incarnato in maniera diametralmente opposta dalle due eroine. Difatti alla granitica principessa Turandot, personaggio femminile debole e disequilibrato, che ostenta terrore e morte, per proteggersi dall’eros, astraendosi in un mondo dove esiste solo la mente e l’anima, si contrappone la debole e umile Liù, forte e coerente perché essa ha coscienza dell’amore nella sua forma più pura, dandone dimostrazione mediante il sacrificio, che consente all’amato di amare non lei ma un’altra donna.

La serata ha riproposto anche l’opera comica “Gianni Schicchi”, basata su un episodio del XXX° Canto dell’Inferno di Dante. Opera facente parte del “Trittico” insieme a Suor Angelica e a Il Tabarro, ambientata a Firenze, e narrante lo scontro di classe, fra nobili e uomini della “gente nova”. Schicchi uno di quest’ultimi, acuto e perspicace, disprezzato dalla nobiltà si prenderà gioco dei nobili, ingannandoli astutamente.

Ma la composizione Pucciniana, non ha riguardato solamente l’Opera, ma ha anche deliziato il pubblico con autentici capolavori sinfonici. Il “Preludio sinfonico” in La maggiore, riscoperto dalla critica da alcuni decenni è una fantasia sinfonica priva di programma, realizzata in un unico movimento “andante mosso”. Una composizione dagli echi wagneriani e con un chiaroscuro musicale d’innegabile effetto, assai ricco ed elegante nella sua ultima parte. Eseguito splendidamente in apertura della serata dalla OFP.

Impossibile, non ascoltare l’intenso ed elegante intermezzo della prima opera di successo pucciniana, la “Manon Lescaut”, un autentico gioiello del sinfonismo italiano, in cui confluiscono i sentimenti di disperazione dell’eroina. Intermezzo che inizia con la cantilena desolata di una viola, cui fa seguito col rifiorire della speranza, l’ingresso degli altri strumenti delineandone il tema principale, per poi chiudersi nel finale con un motivo celestialmente colorato dalla timbrica dei fiati, inerente il destino dell’eroina.

Durante la serata, si sono alternati sul palco due tenori, come Salvatore Cordella e Joan Lainez, e due soprano, Grazia Berardi e Valentina De Pasquale.

Le arie tratte da “Boheme”, “Che gelida manina”, “Sì, mi chiamano Mimì”, e il successivo duetto “O soave fanciulla” sono stati interpretati dai bravissimi Salvatore Cordella e Valentina De Pasquale.

In “Vogliatemi bene, un ben piccolino” tratto dalla “Madama Butterfly” si sono magistralmente cimentati Grazia Berardi e Joan Lainez, con quest’ultimo che ha poi interpretato l’arioso “Addio asil fiorito”. Sempre da “Madama Butterfly”, Grazia Berardi ha interpretato con gran raffinatezza il celebre “Un bel di vedremo”.

Nei panni di Tosca, Grazia Berardi, ha accoratamente intonato il celebre Vissi d’arte, vissi d’amore”, dimostrando di sentir sua quest’opera, mentre Salvatore Cordella nei panni di Mario Cavaradossi, ha  eseguito con trasporto l’arioso “E Lucevan le stelle”.

Magnifica è stata l’interpretazione di “O mio babbino caro” di Valentina De Pasquale, tratta da Gianni Schicchi, e quella del “Nessun dorma” di Joan Lainez, tratta da Turandot.

Interpretazioni, che ancora una volta sottolineano l’alto livello, raggiunto dalla kermesse musicale turese.

Non ci resta che darvi appuntamento al prossimo anno, Centenario della Morte del Maestro Giacomo Puccini.

Pietro Pasciolla

Didascalie foto di Mariagrazia Proietto: 1) piazza Cap. Colapietro con il palco del Festival del Belcanto; 2) Il M° Ferdinando Redavid; 3) Il tenore Joan Lainez e la soprano Grazia Berardi in “Vogliatemi bene, un ben piccolino” da ‘Madama Butterfly’; 4) Silvia di Pierro, Paola Altamura ed Elisa Carbone della Compagnia “AltraDanza” di Bari.

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‘Festival del Belcanto’ di Turi, premiato il baritono Marcello Rosiello. In piazza capitano Colapietro, Giandomenico Vaccari ‘racconta Rigoletto’

Anche quest’anno, la nostra cittadina è tornata a rivivere le emozioni che per certi versi solo la lirica sa infondere. Da oltre un decennio, ciò avviene grazie alla caparbietà e alla capacità del direttore d’orchestra turese Ferdinando Redavid, che con la sua Associazione ‘Chi è di scena!?’ ha ideato e portato avanti la kermesse del “Festival del Belcanto” elevando la cittadina di Turi, con il suo patrimonio storico ed artistico, a punto di riferimento internazionale della lirica.

La XII° edizione del Festival del Belcanto si è inaugurata nella serata di lunedì 1 Agosto nello slargo dinanzi Palazzo Gonnelli, alla presenza del nostro sindaco Tina Resta. La serata introduttiva strutturata in due momenti così come da prassi, ha visto una prima parte in cui il cultore di storia locale Tino Sorino, ha presentato due suoi saggi sull’indimenticato “Maestro Nino Rota, uno dal titolo “In Seicento o a spasso con Nino Rota” l’altro dal titolo “Nell’intimità di Nino Rota”, editi entrambi da “NeP” nel 2020 e nel 2022. Dall’incontro moderato dal giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, Sebastiano Coletta, è emerso un Rota legato convintamente alle sonorità verdiane tanto da orchestrare un “Valzer in fa maggiore” per pianoforte composto da Verdi in onore della contessa Clara Maffei, utilizzandolo come colonna sonora del film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti e per l’occasione eseguito al piano dal Coletta insieme ad altri brani.

Nella seconda parte della serata, vi è stata l’assegnazione annuale del prestigioso “Premio Belcanto”, da sempre affidato alle eccellenze liriche del territorio che contribuiscono a diffondere il nome della Puglia nel mondo, quest’anno consegnato al baritono barese di fama internazionale Marcello Rosiello, la cui straordinaria carriera, costruita con grande talento, professionalità e dedizione, lo hanno portato a calcare i più importanti palcoscenici d’Italia e non solo. Assente per l’occasione a causa di un impegno lavorativo in Portogallo, non ha mancato di consegnare un messaggio augurale alla kermesse, così come fatto anche dalla pronipote di Verdi, Gaia Maschi Barezzi Verdi. In chiusura della prima serata, v’è stato l’omaggio musicale al compositore di Busseto celebrato in quest’edizione, da parte dei soprani Valentina De Pasquale e Angela Lomurno, ottimamente accompagnati al pianoforte da Rossella Perrone, cimentatesi in alcune arie da camera poco eseguite del Verdi e due arie tratte dal suo “Simon Boccanegra” e dalla “Traviata”, che hanno emozionato il pubblico per la bellezza e la magistrale interpretazione.

Se la scorsa edizione del 2021, era improntata all’insegna della rinascita della lirica in presenza dopo il doloroso arresto dell’intero settore a causa della pandemia, quest’anno l’obiettivo proclamato della rassegna è stato quello di far intendere la lirica un’arte non più ritenuta ad esclusivo appannaggio degli addetti ai lavori, e di un pubblico colto, ma un arte inclusiva in grado di coinvolgere tutti, anche i meno avvezzi. Compito per il quale si è puntato sulla partecipazione di una figura di rilievo qual è il barese, Giandomenico Vaccari, regista, direttore e sovrintendente di alcuni tra i più celebri teatri e realtà musicali d’Italia, il quale da accorto prosatore, ha portato in scena, un’inedita riduzione del dramma mediante la scomposizione dell’opera stessa, ed il suo racconto semplice ed accattivante intervallato dal suono delle arie e dei brani sinfonici più importanti, rendendola quindi in grado di esprimere nell’immediato il proprio messaggio.

Per la serata del 3 Agosto, l’Opera scelta non poteva non essere che, una delle più intense della produzione verdiana, la quale insieme al “Trovatore” ed alla “Traviata” compone la “Triade verdiana” dal carattere popolare, con cui il genio di Roncole di Busseto (Parma) raggiunse la piena maturità artistica e la fama internazionale. “Rigoletto” l’opera prescelta, è tratta dal dramma “Le roi s’amuse” ossia “Il Re si diverte” di Victor Hugo, rappresentato per la prima volta nel 1832 alla Commèdie-Française, e censurato in Francia per oltre cinquanta anni perché considerato un opera critica contro il regno di Luigi Filippo d’Orleans e della sua corte. La sua trasposizione teatrale avvenuta per mano del librettista Francesco Maria Piave, e la sua orchestrazione da parte di Giuseppe Verdi, ebbe dopo l’intervento della censura austriaca e il cambio di ambientazione e nomi, la prima messa in scena al Teatro “La Fenice” di Venezia nel 1851, procurando immediata fama al “sinfonismo” verdiano, in grado nell’800, di smuovere le masse popolari e borghesi, protagoniste nel processo Risorgimentale Italiano.

La location scelta per la rappresentazione non poteva che essere Piazza Colapietro, sia per l’acustica pressoché perfetta per tali manifestazioni musicali, sia per il suggestivo colpo d’occhio del Palazzo Marchesale turese a far da sfondo all’antica corte nobiliare.

Il Preludio detta quello che sarà il filo conduttore dell’Opera: “La maledizione”. Tema che si ripeterà costantemente nel dramma con la nota DO in ritmo doppio puntato. Tutto si svolge alla corte del Duca di Mantova. Durante una festa a Palazzo Ducale, il Duca parlando con il cortigiano Borsa, gli confida il suo particolare interessamento per una fanciulla incontrata in chiesa, mentre nel contempo corteggia la contessa di Ceprano, esprimendo giudizi arditi e libertini, nella ballata “Questa o quella per me pari sono”. Durante la ballata il buffone di corte, schernisce il di lei marito iracondo, mentre il resto dei cortigiani trama la loro rivalsa verso il giullare, organizzando il rapimento di quella che il Cav. Marullo ritien esserne l’amante.

Improvvisamente irrompe nell’orgiastica festa il Conte di Monterone, vecchio nemico del Duca, che lo accusa pubblicamente di avergli disonorato la figlia oltraggiando il suo onore. Rigoletto, avocando a se il dovere di irriderlo ne provoca la veemente reazione verbale sfociata nel lancio verso entrambi di una “Maledizione”. Immediatamente vien circondato e imprigionato dagli armigeri, il suo destino è segnato: Andrà al patibolo. Ma prima di uscire di scena rincara la dose verso il giullare con, “e tu, serpente, tu che d’un padre ridi al dolore, sii maledetto!”

Parole che si conficcano immediatamente nella coscienza del buffone, ricordatosi d’essere anch’egli un padre. Profondamente colpito, il giullare mentre incede lentamente verso casa viene avvicinato da Sparafucile, che si presenta come un sicario prezzolato di cui potersi fidare. La condizione dei due personaggi li rende assimilabili, e di questo il Rigoletto ne è consapevole quando intona il monologo: “Pari siamo!…io ho la lingua, egli ha il pugnale”. Monologo dal quale ha inizio la profonda meditazione sulla sua infelice vita causata anche dal suo “essere difforme”, e sul suo dissidio interiore, cercando di distogliere la mente dal pensiero ricorrente della maledizione.

Intanto la figlia Gilda attende il padre che l’abbraccia teneramente. Ma di lui e della sua vita a corte non sa praticamente nulla, essendo sempre rinchiusa nelle pareti domestiche, se non per andare a messa la Domenica, con la domestica Giovanna. Il padre, ossessionato dalla paura che la fanciulla possa essere insidiata, chiede alla governante di vegliarla “Veglia, o donna, questo fiore”.

Andato via il vecchio per rientrare a corte, la governante fa furtivamente entrare il Duca, il quale si lancia alla conquista della giovine, con “È il sol dell’anima”, ed altre meravigliose melodie liriche, con le quali Verdi ne connota il personaggio fatuo, magistralmente interpretato dal tenore Francesco Castoro, facendogli esprimere a scopi ingannevoli quel sentimento che in realtà egli non prova mai per nessuna della sue conquiste. Sul più bello, lo spasimante è costretto a desistere dalla sua opera di seduzione data la presenza di qualcuno nei pressi della casa, rumori che lo inducono a scappare. Per Gilda, rimasta sola in casa, il “Maestro” cesella come un merletto l’aria “Gualtier Maldé… Caro nome”, tratteggiandone ancora in questa fase un enfatica tenera vulnerabilità, nell’ingenuo approccio amoroso, delicatamente interpretata con trilli brevi, leggeri, sopratutto chiari, dalla soprano Ripalta Bufo.

Intanto, mossi a vendetta i cortigiani hanno premeditato il rapimento della presunta amante, del giullare e già si aggirano nei paraggi della sua casa. Essi riescono a coinvolgere lo stesso buffone tornato a casa colto da un presentimento, ed al quale fanno credere con un inganno di voler rapire la contessa di Ceprano, facendogli indossare una maschera. Accortosi di essere stato bendato capisce l’inganno, ed il rapimento di Gilda. Ed intonando “Ah, la maledizione”, perde conoscenza.

Rientrato a palazzo, il Duca, che era tornato a cercare la ragazza poco dopo il loro incontro, par effettivamente struggersi per il rapimento della giovane “Ella mi fu rapita”, ma è un attimo, infatti informato dai cortigiani che la giovine è stata nascosta nei suoi appartamenti, intona la cabaletta, “Possente amor mi chiama”, inno al più bruciante dei desideri che immediatamente corre a placare, con tutte le sue conseguenze. Giunge Rigoletto, che fingendo indifferenza, cerca la figlia, deriso dal crocchio di cortigiani. Il baritono Carlo Provenzano, mostra ed espone al pubblico l’intero sfaccettato animo del suo personaggio in grado di passare dal sospetto iniziale mediante la cantilena iniziale “lala, lala”, all’ira pronunciando una delle invettive più importanti della storia della musica “Cortigiani, vil razza dannata”, proseguendo con la commozione “ebben io piango”, per giungere alla prostrazione dinanzi i cortigiani, che vedono così raggiunto finalmente il loro scopo vendicativo.

Lasciato solo nel salone, viene raggiunto da sua figlia. Troppe cose fra i due non son state dette, ed ora necessariamente dev’esservi un confronto. Gilda con “Tutte le feste al tempio” racconta come ha conosciuto il giovane di cui ignorava la vera identità, e di aver perduto l’onore, mentre il padre cerca di consolarla con “Piangi, fanciulla”. In questo esatto momento, la fin’ora sprovveduta ragazza subisce una rapida metamorfosi, conscia di essere diventata “donna” nella stanza da letto del Duca, acquisisce consapevole maturità e si appresta a divenire l’eroina del dramma. Intanto nel mentre il conte di Monterone viene condotto al patibolo, osserva il Duca ritratto in un quadro, e constata amaramente che la sua maledizione è risultata esser vana. Allorché, udite le parole del Conte, l’ingigantito impeto, porta Rigoletto a replicare “No vecchio t’inganni…sì, vendetta tremenda vendetta”. Non si torna indietro, il Duca secondo il gobbo morrà per mano del sicario.

Intanto Rigoletto ha concesso alla figlia un periodo di tempo per dimenticare il Duca. Ma ella lo ama ancora. Deciso a far toccare definitivamente con mano alla figlia chi sia veramente l’uomo, la conduce alla locanda di Sparafucile sulle rive del fiume Mincio, dove si trova il Duca in incognito, adescato dalla sorella del sicario Maddalena. Gilda da uno spiraglio ha così modo di vedere di nascosto l’amato, sempre uguale, smanioso e sol capace di affermare e ribadire fino alla fine il suo credo libertino cantando la celebre romanza: “La donna è mobile”, per poi corteggiare con un “Un dì, se ben rammentomi”, la mezzo soprano Maria Candirri, a proprio agio nei panni drammatici della zingara Maddalena.

Intanto Rigoletto ha concesso alla figlia un periodo di tempo per dimenticare il Duca. Ma ella lo ama ancora. Deciso a far toccare definitivamente con mano alla figlia chi sia veramente l’uomo, la conduce alla locanda di Sparafucile sulle rive del fiume Mincio, dove si trova il Duca in incognito, adescato dalla sorella del sicario Maddalena. Gilda da uno spiraglio ha così modo di vedere di nascosto l’amato, sempre uguale, smanioso e sol capace di affermare e ribadire fino alla fine il suo credo libertino cantando la celebre romanza: “La donna è mobile”, per poi corteggiare con un “Un dì, se ben rammentomi”, la mezzo soprano Maria Candirri, a proprio agio nei panni drammatici della zingara Maddalena. Segue il quartetto più famoso dell’Opera Italiana in “Bella figlia dell’amore”. Rigoletto dà ordine alla figlia travestita da uomo di tornare a casa e partire immediatamente alla volta di Verona, egli invece prende accordi con il sicario, e si allontana dalla locanda.

Mentre si avvicina un tremendo temporale, Gilda, in preda ancora a un’attrazione irrefrenabile, torna presso la locanda e ascolta il drammatico dialogo che vi si svolge. Il padre però non ha tenuto in dovuto conto la diversità dell’animo femminile, e l’amore altruistico di cui una donna è capace, anche se indossa i panni coloriti della prostituta Maddalena, che invaghitasi anch’essa del Duca, supplica il fratello affinché lo risparmi e uccida al suo posto il gobbo non appena giungerà con il denaro. Sparafucile, vantando una sorta di “rigore professionale”, non ne vuole sapere, ma alla fine accetta un compromesso: aspetterà fino a mezzanotte e, se arriverà, ucciderà il primo uomo che entrerà nell’osteria. Gilda capendo che in quella notte non arriverà nessun altro uomo alla locanda, in un atto di estremo amore, mentre fuori infuria la tempesta, entra nella taverna non riconosciuta a causa dell’oscurità e si fa ammazzare a sangue freddo da Sparafucile. È la sublimazione dell’Amore Romantico!

A mezzanotte, come convenuto, Rigoletto ritorna alla locanda e il sicario gli consegna il corpo in un sacco. Il buffone, illudendosi con grande soddisfazione di aver portato a compimento la sua vendetta, si appresta a gettarlo nel fiume quando, in lontananza, sente riecheggiare il canto del Duca. Raggelato, apre il sacco e vi trova sua figlia Gilda, che in un ultimo anelito di vita intona una delle frasi verdiane più disperate V’ho ingannata, colpevole… fui” toccando il cuore per quella sublimazione d’amore. La povera ed innocente Gilda offre al padre l’unica consolazione per i poveri reietti come lui, cantando “Lassù in cielo vicino alla madre”. Quel cielo di delizie immateriali non può esistere per il povero gobbo che, impotente, e messo dinanzi al suo totale fallimento. Rigoletto, disperato, si rende conto che la maledizione di Monterone ha concluso il suo cammino e grida: “Ah, la maledizione!”

L’avvincente coup de théâtre verdiano scioglie la tensione del pubblico in uno scrosciante ed emotivo applauso, accompagnato da una ovazione per gli artisti esibitisi, ed anche per la giovane l’Orchestra Filarmonica Pugliese, magistralmente diretta dal direttore Ferdinando Redavid. Ancora una volta, il risultato preventivato vien largamente superato ed a pieni voti, la riduzione dell’Opera ha mantenuto vivo il messaggio, risultato tutt’altro che scontato. Accontentare lo scrivente, con un Opera, privata  delle scene di contesto, non era minimamente semplice, eppure non se ne è percepita la mancanza.

Aspettando con ansia l’edizione del prossimo anno, mi preme invitare l’Amministrazione Comunale ad andare avanti nel perseguimento dell’obiettivo di riportare la cultura nelle piazze del nostro suggestivo centro storico, perfette sia scenograficamente che acusticamente per tali eventi, e di farlo con una molteplicità di eventi culturali (non ludici) che devono affrancare una buona volta il Cuore del Nostro Paese, affrancamento che dev’essere percepito dai turesi in modo che possano tornare a goderne e riviverne il fascino senza tempo, magari spendendosi essi stessi per un rilancio della Comunità.

Pietro Pasciolla

Didascalie foto, dall’alto: 1) l’Orchestra Filarmonica Pugliese diretta dal maestro Ferdinando Redavid; 2) 1° agosto in piazza Gonnelli, da sinistra: Tino Sorino, Tina Resta, Rossella Perrone, Valentina De Pasquale, Ferdinando Redavid, Sebastiano Coletta, Angela Lomurno; 3) il duetto “È il sol dell’anima” con ‘Gilda’ (soprano Ripalta Bufo) e ‘Duca di Mantova’ (tenore Francesco Castoro); 4) il duetto “Deh, non parlare al misero” con ‘Gilda’ (soprano Ripalta Bufo) e ‘Rigoletto’ (baritono Carlo Provenzano); 5) il duetto “Un dì, se ben rammentomi” con Francesco Castoro (tenore) e Maria Candirri (soprano).

Turiddu-Mamma-Lucia

Cavalleria Rusticana: evento sold out dell’estate turese, ottimamente diretto da Ferdinando Redavid

Sono le ore 23;11 di sabato 7 agosto ed una standing ovation decreta il successo della colossale e straordinaria Cavalleria Rusticana messa in scena nella significativa cornice dell’Oratorio,  fondato da Mons. Don Giovanni Cipriani,  sede della Banda Città di Turi, nella quale proprio il direttore d’orchestra e ideatore del Festival del Belcanto, Ferdinando Redavid, ha mosso i primi passi nel mondo della musica, come clarinettista. La volontà, sin dall’inizio, del regista Luciano Mattia Cannito è stata quella di dare un taglio cinematografico alla rappresentazione mediante il coinvolgimento del territorio, col fine di appassionare divertire e coinvolgere un pubblico eterogeneo, non più di nicchia. In virtù di tale mission, il meraviglioso allestimento scenografico allestito dallo scenografo Damiano Pastoressa, ben si è prestato alle scene di contesto che nell’opera di Mascagni scandiscono l’evolversi del dramma.

Quindi, sono state le note del Preludio intonate dall’Orchestra Sinfonica Metropolitana di Bari, ottimamente diretta dal maestro Ferdinando Redavid, e la danza del corpo di ballo dell’Accademia Chi è di scena!? e di UNIKA a introdurci in punta di piedi nell’atmosfera sonnecchiante di un paesino meridionale e delle sue campagne al primo albeggiare della Domenica di Pasqua. Poco dopo ecco udirsi il suono delle campane a festa che scandisce il ritmo della vita di paese e riannoda i fili di quella società arcaico-rurale protagonista della novella verghiana, della quale la musica di Mascagni, riesce a incarnarne appieno gli odori, i colori, i sentimenti contrastanti e passionali, che divampano e tengono il pubblico col fiato sospeso nel vorticoso concatenarsi di eventi e tragiche fatalità, proprio come nella miglior tradizione del teatro greco-antico.

In ciò si è rivelata indispensabile la presenza dell’Alter Chorus di Molfetta, che con trasporto ha interpretato arie, come “Gli aranci olezzano” delle donne appena uscite dalla chiesa, “In mezzo al campo tra le spighe d’oro” degli uomini in piazza, ma in particolar modo l’aria “Inneggiamo, il Signor non è morto”, canto intriso della spiritualità e sacralità dei Riti della Santa Pasqua, alla quale si antepone il dramma carnale della passione e della gelosia ma anche del disonore e della vendetta che va ad aumentarne il ‘pathos’.

I protagonisti entrano poco per volta in scena a partire da Turiddu interpretato dal giovanissimo tenore napoletano di ampie prospettive Enrico Terrone Guerra, mentre intona la serenata dedicata a Lola intitolata “la Siciliana”, il tutto sotto gli occhi celati della sua fidanzata, un’atterrita Santuzza interpretata dalla straordinaria Valentina De Pasquale, debuttante nel ruolo, la quale si reca presso la locanda di Mamma Lucia, madre di Turiddu interpretata dall’esperta mezzosoprano turese Angela Alessandra Notarnicola, intenta a preparare il vino per i festeggiamenti che avranno luogo in piazza dopo la messa. All’invito della donna a entrare in casa, la ragazza rifiuta, rivelandole un’amara verità: Turiddu la tradisce. Prima di partire per il servizio militare, il ragazzo si era promesso a Lola, che tuttavia per il protrarsi della leva, stanca di aspettare, dopo un anno si era sposata con Alfio. Al suo ritorno, per ripicca, Turiddu si era allora fidanzato con Santuzza, ma successivamente aveva preso ad approfittare delle assenze di Alfio per riannodare una relazione clandestina e libertina con Lola. Lucia non crede alle parole di Santuzza, ma il loro discorso è interrotto dagli schiocchi di frusta e dai sonagli annunzianti la baldanzosa entrata in scena del carrettiere Alfio, interpretato dal baritono Gangsoon Kim, molto ben calato nella parte, che intona la spigliata e briosa canzonetta “Il cavallo scalpita”. Poco dopo arriva lo stesso Turiddu, che insieme a Santuzza da vita al duetto “Tu qui, Santuzza” nel quale l’una accusa, l’altro reagisce con ira non sopportandone la gelosia, in un rapido crescendo interrotto dall’intonazione in lontananza dello stornello “Fior di giaggiolo” da parte dell’agghindata Lol,  interpretata dall’ottima presenza scenica della mezzosoprano Mariangela Zito, la qualeprovoca Santuzza, con Turiddu che ha il suo bel da fare per fermare l’ira di Santuzza, la quale all’apice del parossismo scaglia su Turiddu la maledizione “A te la mala Pasqua, spergiuro!”

Poi riappare in scena compare Alfio, che chiede a Santuzza dove sia sua moglie venendone a scoprire l’intera tresca. S’apre cosi il duetto nel quale da una parte Santuzza pentita si dichiara infame per aver denunciato gli amanti, dall’altra il carrettiere duramente colpito nell’onore in preda all’ira giura ripetutamente la sua vendetta ed esce di scena.

Con questi stati d’animo contrastanti ci si avvia dunque all’intermezzo orchestrale, a melodia spiegata, dalla chiara impronta religiosa, voluta da Mascagni a rivangare che il dramma si sta consumando in una giornata sacra, il giorno di Pasqua, lanciando all’ascoltatore quel che è, un inno alla sacralità della vita, resa tale proprio dalla resurrezione del Signore.

L’ultima parte dell’unico atto s’apre con i paesani tutti o quasi che si recano all’osteria di Lucia, dove Turiddu intona uno stornello popolare “Viva il vino spumeggiante” brindando allegioie della vita, (per lui le ultime). In piazza ritorna Alfio, al quale Turiddu ignaro offre un bicchiere di vino, che questi rifiuta sdegnosamente, e tutti comprendono che voglia sfidare il rivale. Turiddu accetta la sfida e getta per terra il vino appena versato. Inizia l’inesorabile cerimoniale della “Cavalleria Rusticana” che vede le donne scappare impaurite, e gli uomini creare capannelli vocianti attorno ai due contendenti all’arma bianca. Mentre l’orchestra tace, i due s’abbracciano e Turiddu morde l’orecchio destro di Alfio che chiede “soddisfazione”. Turiddu sa di essere nel torto e si lascerebbe anche uccidere per espiare la propria colpa, ma non può lasciare sola Santuzza, disonorata dal suo tradimento, dunque combatterà con tutte le sue forze secondo la legge d’onore.

Prima del duello Turiddu chiama la madre per essere benedetto e raccomandarle Santuzza se non dovesse tornare, poi corre via. Lucia comprende solo allora quanto fossero vere le parole di Santuzza, e mentre le due donne si abbracciano già in preda alla disperazione, si ode lontano un mormorio avvicinarsi funesto, col suo carico tragico, e nel silenzio dell’orchestra in fondo alla piazza, una popolana lancia “il Grido” agghiacciante, seguito da “Hanno ammazzato compare Turiddu” con le donne del paese che accorrono in piazza per stringersi attorno alle due donne e gli uomini che si affrettano a raggiungere il luogo del duello con l’orchestra che sottolinea il dramma di Santuzza, riprendendone e scandendone fortissimo il tema della maledizione da essa lanciata.

Questa la breve trama dell’Opera-evento per la nostra cittadina, che non poteva non far registrate il Sold out, ripagando dell’impegno e dei sacrifici profusi l’organizzazione e tutti coloro che hanno incessantemente lavorato per regalare al pubblico le emozioni che la lirica dal vivo riesce a donare.

In chiusura, riceviamo e riportiamo i ringraziamenti del direttore artistico Ferdinando Redavid: “Grazie di cuore a tutta l’Amministrazione comunale nella persona del sindaco, la dott.ssa Tina Resta, e al Vicesindaco Graziano Gigantelli per il loro fattivo sostegno al nostro progetto. Grazie anche alla Regione Puglia, alla Città Metropolitana di Bari, alla Nuova Proloco di Turi e alla sua straordinaria presidente Rina Spinelli, a Teatri di Bari e Teatro Kismet, a Tempus srls e al Consorzio Teatro Saverio Mercadante di Cerignola, al Comitato Promotore Pietro Mascagni, a Turpuglia per il grande aiuto. Ringrazio lo straordinario regista Luciano Mattia Cannito, grande professionista e persona eccezionale e Lara Cannito, giovane ma già bravissima professionista. Tutto il cast: Valentina De Pasquale, Enrico Terrone Guerra, Gangsoon Kim, Angela Alessandra Notarnicola e Mariella Zito. Che dire, non potevo chiedere artisti tanto straordinari! Ringrazio davvero tutti, sponsor, collaboratori, tecnici, volontari. La lista è davvero lunghissima e vorrei che il mio sentito abbraccio raggiungesse ognuno di loro. Grazie al numerosissimo pubblico per aver creduto in noi, per gli applausi sinceri che hanno suggellato il successo dell’evento. Che sia l’inizio di un’avventura meravigliosa, che porti Turi a diventare, davvero, la città della lirica. E della bellezza”.

Pietro Pasciolla

Didascalie Foto (dall’alto) – Duetto “Mamma, quel vino è generoso” tra Turiddu e Mamma Lucia (foto Barbara Morra); il cerimoniale della ‘Cavalleria Rusticana’ tra Alfio e Turiddu (foto Barbara Morra); i paesani cantano “Gli aranci olezzano” (foto Claudio Spada); il grido finale “Hanno ammazzato compare Turiddu” con Santuzza e mamma Lucia disperate (foto Barbara Morra).

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Le prime due serate del ‘Festival del Belcanto’. Attesa per ‘Cavalleria rusticana’

Nella serata del 3 agosto si è inaugurato a Turi, in Piazza Antico Ospedale, il Festival del Belcanto, giunto quest’anno all’XI edizione per la caparbia volontà del clarinettista e direttore d’orchestra turese Ferdinando Redavid e della sua Associazione ‘Chi è di scena!?’. Nato con l’obiettivo di valorizzare il canto, la musica, il teatro e la danza, il Festival ha negli anni acquisito notevole importanza nell’ambito della Città Metropolitana di Bari, elevando la cittadina di Turi, con il suo patrimonio storico ed artistico, a punto di riferimento internazionale della lirica.

L’edizione 2021 è all’insegna della rinascita della lirica in presenza dopo il doloroso arresto dell’intero settore a causa della pandemia. Ciò è stato reso possibile grazie ai prestigiosi partner che sostengono l’evento: Regione Puglia, Città Metropolitana di Bari, Comune di Turi, Nuova ProLoco Turi, TurPuglia, Consorzio Teatro S. Mercadante di Altamura, Consorzio Teatri di Bari (Kismet), Tempus srls di Cerignola, Comitato Promotore Maestro Pietro Mascagni; e grazie anche al finanziamento erogato dal ‘Programma Straordinario 2020 in Materia di Cultura e Spettacolo e Sostegno Anno 2019 In Materia di Spettacolo dal Vivo’ e dal sostegno di ‘Gielle Industries’ di Altamura.

Quest’anno la scelta programmatica del Festival è ricaduta sul compositore livornese Pietro Mascagni, che proprio in terra di Puglia, nella bella Cerignola, compose quell’Opera lirica emblema del verismo musicale: ‘Cavalleria rusticana’ tratta dall’omonima novella di Giovanni Verga, in cui si incarnano le lacrime e le speranze del nostro Meridione. L’XI edizione si articola in tre serate, il 3 – 4 e 7 agosto, con le prime due di studio e preparazione alla messa in scena dell’Opera suddetta nell’Atrio dell’Oratorio di Turi sabato 7 agosto. La prima serata del 3 ha visto, nella prima parte, lo svolgimento di un convegno sulla figura di Mascagni al quale sono intervenuti illustri relatori quali: Cesare Orselli, docente di Storia del Teatro musicale e di Storia ed Estetica della Musica, autore della pubblicazione “Pietro Mascagni”, edita da Neoclassica nel 2019; Dinko Fabris, critico musicale, responsabile del settore scientifico del nuovo Dipartimento di Ricerca, Editoria e Comunicazione del Teatro San Carlo di Napoli; Antonio Galli, presidente Proloco Cerignola, studioso ed esperto di Mascagni; la turese Annalisa Rossi, dirigente MIBAC – Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, della Puglia e della Basilicata; Eraldo Martucci, giornalista del ‘Nuovo Quotidiano di Puglia’, ‘OperaClick’ e vicepresidente della Fondazione ICO ‘Tito Schipa’ in rappresentanza del Comune di Lecce, moderati dalla musicologa e giornalista di ‘Repubblica’ Fiorella Sassanelli. La seconda parte della serata è stata dedicata al conferimento del Premio Belcanto 2021 al soprano Carmela Apollonio, oggi docente al Conservatorio Musicale “Nino Rota” di Monopoli, distintasi per l’eccezionale talento e per la lunga, brillante carriera artistica. Durante la serata, presente anche il sindaco di Turi Tina Resta, sono stati chiamati ad esibirsi sul palco della premiazione gli allievi della soprano Apollonio, accompagnati al pianoforte da Nunzio Delloiacovo.

Il 4 agosto, il Festival si è trasferito in Piazza Capitan Giuseppe Colapietro (corte del Palazzo Marchesale) per accogliere il prologo alla ‘Cavalleria Rusticana’. Durante il picevole incontro, la verve comica di Antonio Stornaiolo ha condotto il pubblico presente ad appassionarsi al tema attraverso la recitazione di alcuni passi della novella di Giovanni Verga, interpretata dall’elegante regista e autrice Teresa Ludovico. Il tutto condito dall’impareggiabile passione e conoscenza di Mascagni da parte del Prof. Cesare Orselli.

Ora l’attenzione degli appassionati è rivolta a sabato 7 agosto, ore 21,30, quando nell’Atrio dell’Oratorio, accanto alla Chiesa parrocchiale Maria SS. Ausiliatrice, verrà allestita la famosa opera di Mascagni, per la regia di un professionista di fama internazionale, qual è Luciano Cannito, e la scenografia di Damiano Pastoressa. All’interpretazione sono stati chiamati: Dario Di Vietri nel ruolo di Turiddu, Valentina De Pasquale nel ruolo di Santuzza, Gangsoon Kim nel ruolo di Alfio, Mariella Zito nel ruolo di Lola e la turese Angela Alessandra Notarnicola nel ruolo di Mamma Lucia. La direzione musicale è affidata al maestro Ferdinando Redavid, che dirigerà l’Orchestra Sinfonica Metropolitana di Bari e l’Alter Chorus di Molfetta. Non resta che metterci seduti e vivere l’opera. Evviva l’Opera!

Pietro Pasciolla

Nelle foto, dall’alto: 1) la soprano Carmela Apollonio, attorniata dai suoi allievi, dopo aver ricevuto il Premio Belcanto 2021, con Ferdinando Redavid e Nunzio Delloiacovo; 2) Ferdinando Redavid dialoga con Antonio Stornaiolo in Piazza Cap. Colapietro; 3) I partecipanti al convegno sulla figura di Mascagni in piazza Antico Ospedale; 4) Teresa Ludovico e Cesare Orselli.

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A Turi il 3, 4 e 7 agosto 2021 la XI edizione del ‘Festival del Belcanto’, dedicata a Pietro Mascagni

Tre giorni dedicati a Pietro Mascagni tra convegni, spettacoli e l’allestimento di ‘Cavalleria Rusticana’ con l’Orchestra Sinfonica di Bari e la regia di Luciano Cannito. Antonio Stornaiolo, Teresa Ludovico, Dinko Fabris, Cesare Orselli, Antonio Galli e Carmela Apollonio alcuni degli ospiti attesi per questa edizione dedicate alla rinascita.

Promosso dal clarinettista e direttore d’orchestra Ferdinando Redavid e dalla sua associazione “CHI E’ DI SCENA!?”, il Festival del Belcanto ­- unico in tutta la Città Metropolitana di Bari – intende valorizzare il canto, la musica, il teatro e la danza, ma anche la città di Turi con il suo patrimonio storico e artistico, elevandola a punto di riferimento internazionale della lirica. Una rinascita della musica lirica dal vivo per questa straordinaria edizione, dopo il doloroso arresto dell’ultimo anno, possibile grazie a tanti prestigiosi partner come la Regione Puglia, la Città Metropolitana di Bari, il Comune di Turi, la Nuova ProLoco Turi, TurPuglia, il Consorzio Teatro S. Mercadante di Altamura, il Consorzio Teatri di Bari (Kismet), Tempussrls di Cerignola, Comitato Promotore Maestro Pietro Mascagni, e realizzata grazie all’ottenimento del finanziamento erogato dal Programma Straordinario 2020 in Materia di Cultura e Spettacolo e Sostegno Anno 2019 in Materia di Spettacolo dal Vivo e dal sostegno di GielleIndustries di Altamura.

L’autore scelto per questa edizione è Pietro Mascagni, a cui questa terra di lacrime, di speranze, di sogni e di mare ha, in qualche modo, ispirato numerose composizioni negli anni in cui era direttore dell’orchestra di fiati di Cerignola (FG).

IL PROGRAMMA:

  • 3 AGOSTO, inaugurazione del Festival in piazza Antico Ospedale alle ore 18.00. Saranno presenti: Cesare Orselli, Antonio Galli, Annalisa Rossi, Fiorella Sassanelli, Dinko Fabris, Eraldo Martucci. Premio Belcanto 2021 assegnato al soprano Carmela Apollonio, oggi docente al Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli, distintasi per l’eccezionale talento e per la lunga e brillante carriera artistica.
  • 4 AGOSTO,  alle 21.30, piazza Giuseppe Colapietroprologo dell’opera più nota di Mascagni, “Cavalleria Rusticana”. Saranno presenti: Cesare Orselli, la regista e autrice Teresa Ludovico e l’attore Antonio Stornaiolo.
  • 7 AGOSTO, alle 21.30, atrio Oratorio (accanto alla chiesa di Maria SS. Ausiliatrice), sarà eseguita la “Cavalleria Rusticana”, per la regia di Luciano Cannito, professionista di fama internazionale, la scenografia di Damiano Pastoressa, che vanta collaborazioni con alcuni tra i più importanti teatri del mondo. Gli interpreti saranno: Dario Di Vietri nel ruolo di Turiddu; Valentina De Pasquale nel ruolo di Santuzza;  Gangsoon Kim nel ruolo di Alfio; Mariella Zito nel ruolo di Lola e Angela Alessandra Notarnicola nel ruolo di Mamma Lucia. Al loro fianco l’Orchestra Sinfonica Metropolitana di Bari e l’Alter Chorus di Molfetta, la cui direzione sarà affidata al maestro Ferdinando Redavid (foto in alto), turese, brillantemente diplomato in Clarinetto al Conservatorio “N. Piccinni” di Bari, sotto la guida di Antonio Di Maso, e vincitore di oltre 20 premi in concorsi nazionali e internazionali, sia da solista sia in formazione cameristica.