Turi-panorama-P.L.

Recovery Fund Europeo: un’occasione mancata per il Sud. Una possibilità di riscatto

Riceviamo dall’ex sindaco di Turi Domenico Coppi (nella foto in basso, ndr) questa riflessione sul post-Covid 19 e volentieri  la pubblichiamo.

La terribile pandemia che ci sta attanagliando da più di un anno ha acuito le disuguaglianze all’interno dei Paesi e tra i Paesi stessi. Alle migliaia di vittime del Covid 19 si è aggiunta una gravissima crisi economica. Gli Stati nazionali e gli Organismi sovranazionali hanno reagito con programmi di investimenti pubblici di una portata mai vista prima. L’Unione Europea ha investitopiù di 700 miliardi di Euro per la ripresa, con l’obiettivo di creare lavoro attraverso la realizzazione di opere che si devono concludere entro il 2026. Di questa enorme somma di denaro la fetta più consistente è destinata all’Italia, circa 209 miliardi di Euro. A tale importante risultato si è giunti perchéi criteri della decisione Europea sonostati: il numero degli abitanti; l’inverso del PIL procapite; il tasso medio di disoccupazione negli ultimi 5 anni; la diminuzione del PIL reale nel 2020-2021. In sintesi l’obiettivo è il superamento delle disparità sociali ed economiche tra i Paesi e tra le diverse aree all’interno degli Stati dell’Unione. Ebbene, al nostro Paese è stata destinata la quota più rilevante del Fondo perché in Europa non c’è un altro Stato dove sussiste un divario più grande di quello tra il Centro Nord e il Sud Italia.

Secondo calcoli di Agenzie internazionali indipendenti, seguendo il principio della perequazione territoriale indicato dall’Unione Europea,alle Regioni del Sud sarebbe dovuto andare circa il 70% del Recovery Fund. Invece, il Piano presentato dal Governo alla Commissione Europea destina alle Regioni del Sud solo il 34% di quel Fondo.Cioè il Sud avrà circa 60 miliardi in meno del dovuto. Uno scippo contro il quale hanno tentato di protestare solo i 500 Sindaci meridionali riuniti in associazione per il meritorio attivismo del Sindaco di Acquaviva delle Fonti, Davide Carlucci. Nessuna voce dei vertici nazionali e meridionali di tutti i Partiti si è levata per sostenere le giuste rivendicazioni delle popolazioni meridionali. Perpetrando, così, l’ennesima azione di emarginazione del Sud. “Delitto” che dura dal 1861.

E’ il momento di alzare la testa. Il Meridione d’Italia non può continuare ad essere terra di emigrazione e di mancato sviluppo. Non è più possibile accettare che il reddito pro capite meridionale sia la metà di quello del Nord.

Ecco alcuni dati esemplificativi del divario esistente: Reggio Emilia e Reggio Calabria hanno pressappoco lo stesso numero di abitanti, ma per l’Istruzione il Comune emiliano spende 28 milioni annui e il Comune calabrese ne può spendere solo 8 milioni; a Reggio Emilia ci sono 60 Asili Nido mentre a Reggio Calabria ce ne sono solo 8. Nel Centro Nord con 40 milioni di abitanti ci sono 17 linee ferroviarie regionali, al Sud con 20 milioni di abitanti ce ne sono solo 3. Per i treni veloci le Ferrovie dello Stato spendono in tutta Italia 56 miliardi annui, di cui solo il 13% al Sud. Per la Sanità il Mezzogiorno riceve 4 miliardi in meno all’anno di quanto spettante (rispetto al numero degli abitanti) e mancano 100.000 medici ed infermieri. Al Centro Nord ci sono 8 posti letto ogni 1000 abitanti, mentre al Sud solo 2 ogni 1000 abitanti.

Ovviamente, anche Turi soffre di questa discriminazione. L’Amministrazione Comunale ha un Bilancio in cui la spesa complessivamente è piuttosto bassa in tutti i settori; non ci sono entrate significative per le opere di manutenzione dei beni comunali, si realizzano poche opere pubbliche. Tutto questo è dovuto al principio della famigerata ‘Spesa Storica’: cioè, se un Comune spende poco le Istituzioni Statali ritengono che quel poco può bastare e quindi trasferiscono pochi fondi. Continuano, d’altro canto, a trasferire più finanziamenti ai Comuni che spendono storicamente di più. E queste sono principalmente Amministrazioni comunali del Centro Nord. Aumentando così il divario.

Altro elemento significativo riguarda le risorse umane. Per ben funzionare un Ente locale ha bisogno di un numero adeguato di dipendenti, possibilmente, in possesso di buone professionalità. Ebbene Turi ha un numero assolutamente insufficiente di dipendenti. Alcuni dati. La media nazionale di dipendenti comunali è di circa 6 ogni 1000 abitanti, Turi è sotto i 3 dipendenti ogni 1000 abitanti. Quindi dovrebbe avere più del doppio di impiegati di quelli che ha attualmente. Mapur se stessesolo nella media pugliese che è 4 ogni 1000 abitanti (nessuno ci crederà, ma è la più bassa d’Italia) starebbe già meglio. Ecco alcune significative differenze: Turi (13.038 abitanti) oggi ha 35 dipendenti, Arona (Novara) 13.750 abitanti ha 87 dipendenti; Varazze (Savona) 12.738 abitanti ha 93 dipendenti. Le norme statali impediscono di incrementare significativamente quel numero. I danni in efficienza sono enormi.E’evidente che così non è possibile assolutamente essere in alcun modo efficienti, rispondere alle esigenze dei cittadini e programmare il futuro.

L’argomento degli “sprechi” e della presenza delle mafie certamente esiste, ma non è solo meridionale. Basta osservare le cronache degli ultimi vent’anni per vedere le numerose infiltrazioni mafiose negli enti locali del Nord e quante opere pubbliche nel settentrione hanno determinato sprechi abissali di denaro pubblico (il Mose di Venezia ne è un esempio). Non è più accettabile essere considerati i “soliti lamentosi” e “spreconi”. Non è più ammissibile essere ritenuti degli incapaci. Quasi fosse un tratto di inferiorità genetica.

Ebbene, io credo che protestiamo molto poco. Secondo il Rapporto SVIMEZ (la più autorevole Associazione di studio e promozione dello sviluppo del Mezzogiorno)del 2020, da decenni vengono sottratti ai trasferimenti verso le Regioni meridionali circa 60 miliardi all’anno. Solo dal 2016 una legge appositamente approvata ha stabilito (come se non fosse ovvio) che al Sud vanno riconosciuti, in ragione della popolazione che è un terzo di quella nazionale, il 34% dei finanziamenti. Prima non raggiungevano nemmeno il 20%.

Noi siamo il Paese dove, quando si parla di risorse pubbliche da destinare alle comunità, invece di procedere,come prescritto per Legge, all’elaborazione dei LEP (Livelli Essenziali di Prestazioni, livelli minimi di servizi che dovrebbero essere assicurati a tutti i cittadini italiani), si continua ad adoperare con il criterio della ‘SPESA STORICA’. Un meccanismo che mantiene immutate le differenze storiche, anzi le accentua. Un Robin Hood al contrario, che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Quando uno Stato deve far progredire un territorio economicamente depresso, attua politiche di bilancio finalizzate a determinare un maggiore sviluppo di quel territorio rallentando i trasferimenti verso i territori più ricchi, per favorire la equiparazione in standard di vita, infrastrutture, capacità produttiva. La Germania ha dimostrato che si può fare. In vent’anni ha ridotto sensibilmente il divario tra le aree dell’ex Germania Est e il resto del territorio nazionale. Perché in Italia non si fa e, soprattutto,perché non se ne parla per niente? Come se fosse stabilito per legge divina che il Sud deve rimanere arretrato ed essere solo il mercato dove le imprese del Nordvendono i loro prodotti e si prendono i giovani più capaci. Questo dovrebbe essere al centro delle politiche e del dibattito nazionale. Invece niente, nessuno ne parla. Il fenomeno più negativo è che, purtroppo, noi meridionali ci siamo convinti che è una situazione immodificabile. Ci hanno convinto che non siamo adeguati. 

Per noi è arrivato, invece, il momento di rimboccarsi le maniche e rivendicare ciò che ci spetta e lo dobbiamo fare con forza. Nulla ci viene regalato, dobbiamo lottare e far diventare il tema della perequazione territoriale e quindi dello sviluppo del Sud come il tema principale della politica nazionale. Abbiamo il dovere di far capire a tutti che solo se sarà ridotto il divario tra le nostre Regioni e quelle del nord, l’Italia potrà avere lo sviluppo economico e sociale che da decenni non riesce più ad avere.

Per quanto detto finora, credo che l’iniziativa del Sindaco di Acquaviva delle Fonti Davide Carlucci sia un ottimo inizio. Penso che tutte le forze politiche ed anche la nostra Amministrazione Comunale hanno il dovere di farsi parte attiva in questo processo. Con forza e determinazione. Non basta solo iscriversi in un elenco di Comuni che aderiscono. Maggiori investimenti pubblici al Sud avrebbero, sicuramente, un influsso positivo anche per la nostra comunità che potrebbe così rivendicare interventi strutturali di notevole portata per nostro territorio.

Un esempio: visto che abbiamo circa 3000 cittadini che vivono oltre la linea ferroviaria della SUD-EST, si potrebbe pensare di eliminare i passaggi a livello che sono nell’abitato e all’interramento della stazione che divide il paese in due.E’ utopico pensarlo? Non credo. Ad Adelfia lo hanno fatto e tra Capurso e Triggiano lo stanno facendo. Bisogna crederci e cominciare ad esigerlo presso tutte le Istituzioni. Insieme agli altri Comuni Meridionali si può cercare di scalfire il muro di silenzio che ci ammutolisce da decenni.

02/06/2021

Domenico Coppi