Bellissima sagra… chissà però se tra qualche anno ci saranno ancora produttori di ciliegie Ferrovie (cit. Luca Genco). Questo commento, tratto da fb, è la sintesi efficace di una situazione che viaggia stabilmente a doppia faccia: da un lato ascolti ancora l’aspirazione o il semplice borbottio trentennale di associazioni e Amministrazioni per fare della ‘Ferrovia’ il segno distintivo del nostro territorio; dall’altro, invece, constati le difficoltà crescenti di anno in anno per chi quel frutto tanto delicato e saporito lo coltiva a spese e sudori, amandolo e talvolta odiandolo allo stesso tempo. Ed è per questo che anche noi diciamo come altri, con una certa amarezza: ma fino a quando resisteranno i nostri produttori di ciliegie?
Se guardiamo solo alla promozione turistica del nostro paese, vediamo bene come il format della Sagra, collaudato nelle ultime edizioni dall’Associazione ‘inPiazza’ (presidente Livio Lerede), tutto sommato funzioni ancora. Nonostante i due anni di stop forzato, i forestieri sono tornati numerosi ad affollare il cuore antico di Turi ed hanno sicuramente apprezzato anche stavolta l’allestimento scenografico (leggermente in tono minore rispetto alle edizioni pre-Covid), le visite guidate e le nostre chiese aperte, e le ciliegie, insieme a tronère, faldacchea, focaccia e panzerotti, musica e arte esposta e realizzata al momento, presentazione di libri e i ‘4 passi nella storia’ della DOF con 800 corridori partecipanti.
E tra tanti forestieri di ogni dove, anche i turesi, seppur quasi tutti impegnati nella fatica della raccolta senza soste in corso d’opera, hanno partecipato di buon grado alle serate di festa per strada, magari rientrando prima a casa perché il mattino fa presto ad arrivare e bisogna correre in campagna senza indugi. Comunque, dato antico da ripetere a quei pochissimi che forse ancora non sanno – quasi irrisolvibile come altri misteri nostrani – è stato vedere da una parte i volontari delle molte associazioni collaborare attivamente all’organizzazione dei due giorni della Sagra, dandosi da fare per quanto di loro competenza (cioè quasi tutto), e i politici dall’altra a prendersi foto ed elogi da star. Quasi monarchi sfadigati sui troni. Perché questi cari signori raramente sanno/vogliono rinunciare alle cerimonie, alle vetrine piene solo di parole e di retorica imparata a memoria. Vetrine tanto belle per le riprese in diretta fb e per i tanti video amatoriali che girano qua e là. Perché la fame nell’apparire è vitale per loro. E’ una sorta di compensazione per chi non può distinguersi per altro. Se pure la gente dimentica facilmente la loro assenza per gran parte dell’anno, per tante altre difficoltà. E così ti chiedi: ma dove sono gli atti concreti, fattibili da sviluppare nelle Istituzioni? Che diavolo sono questi improvvisati ‘protocolli d’intesa’ dagli obiettivi tanto generici quanto inutili, da lasciare logicamente più di qualche dubbio sulla loro concreta e immediata attuazione? Turi e Conversano per esempio, nonostante la facciata e le propagandate intese, fanno fatica ogni anno ad evitare che le rispettive sagre delle ciliegie coincidano nelle date. E voi pensate che con questi nostri rappresentanti, amanti solo delle foto, si riuscirà mai a mettere d’accordo tutto il Sud-Est barese con i cosiddetti protocolli campati per aria? Parlare e parlare non costa molto, è mestiere leggero, dicevano gli antichi. E infatti le parole dei politici sono appena buone come le favole di sera per far prendere sonno ai bambini. Una mezza ‘papagna’, insomma.
Sagra ben fatta, indubbiamente, merito all’Associazione “inPiazza”, però da ricalibrare, crediamo, con l’innesto di qualche idea nuova che eviti un cliché che potrebbe stancare presto. Magari si può pensare ad una festa itinerante nel territorio, attrattiva di tutto un comprensorio. Una festa che ridia ai produttori cerasicoli e alla ciliegia il ruolo di veri protagonisti in mezzo al programma di eventi vari.
E poi, ci chiediamo, è rispettoso parlare della Sagra senza considerare i problemi legati alla commercializzazione delle ciliegie? Qui ci fermiamo, per il momento, perché ci vorrebbero incontri e incontri di discussione. Perché quei problemi sembrano durissimi da risolvere se non vengono mai affrontati seriamente. Problemi che ogni anno rendono la raccolta cerasicola motivo di grandissimo malcontento, fino al punto da far sembrare la bella Sagra una nota non proprio intonata, con tutto quello che succede dai campi ai magazzini di consegna. Questo è il vero nocciolo della questione. E poi ancora, vogliamo parlare anche della manodopera che scarseggia e della manodopera stagionale? In pochissimi casi, dove si può, ci si aiuta ancora tra familiari, amici, ma questo è solo un rimedio precario che non può durare a lungo. Quando il prodotto è abbondante (e delicato come sono le ciliegie), quando il caldo accende subito di rosso il frutto tanto da stringere i tempi di raccolta, è diventata quasi una regola ogni anno fare i conti con il prezzo basso imposto da chi manovra il mercato e la distribuzione (motivo di rabbia o di rassegnazione?). E, insieme a questo, improvvisamente ci accorgiamo pure che le braccia mancano sempre più, e che facciamo? Imprechiamo e basta contro quei disgraziati. Anche se sappiamo ormai da anni che la manodopera stagionale – braccia di giovani e giovanissimi giunti dal Nord Africa – raccolto dopo raccolto è diventata vitale per la nostra economia. Sono stranieri, gente di colore, ma non per questo devono arrangiarsi come capita. Ci sono le forze dell’ordine a far rispettare le regole se eccedono in comportamenti. Non tutti gli stagionali sono ubriaconi e delinquenti. E, comunque, ci vuole tantissimo a pensare per tempo qual è la maniera migliore per affrontare di petto il fenomeno e sistemare le cose? Conosciamo benissimo le necessità di Turi e dei paesi vicini; sappiamo benissimo che non possiamo fare a meno di nuove braccia. Allora cerchiamo strade politiche serie per l’indispensabile accoglienza di maggio. Un problema certamente da condividere nei tempi giusti con tutti i soggetti interessati. Senza fare guerre tra poveri durante la campagna come quella attuale, tra ‘loro’ (lavoratori stranieri) e ‘noi’ (cittadini), entrambi vittime della colpevole disorganizzazione di chi ci governa. Sta qui la differenza tra la facile retorica dei politici in piazza – tutti sorrisi e ‘vogliamoci bene’, oppure ‘avviamo protocolli’ – e la fattiva e impellente necessità di gestire il territorio per chi ci abita e ci lavora. L’agricoltura è alla cannella e, come ha detto il dott. Nico Catalano presentando in piazza il suo libro “Eppur si muore”, rischia di morire portandosi dietro la desertificazione delle nostre campagne e la fine di una millenaria cultura.
Bella la sagra e bravi tutti, ma montare la scena è solo un aspetto, non basta fare festa. Non basta tagliare i nastri tricolore per inaugurare questo e quell’altro. Ci vuole più consapevolezza e capacità decisionale da parte delle Istituzioni. Più interesse pratico ai problemi della gente. Ma il timore è che nelle poltrone che contano ci sia ormai chi non ci sente più da parecchio, o non ci vuole sentire, o cincischia e fa finta di pensare. Agli agricoltori crediamo non rimanga altro che chiedere di partecipare attivamente alle decisioni del Palazzo (dove sono i sindacati di categoria oltre le denunce?). Prima prima possibile. E per tempo. Prima che sia già troppo tardi.
*Le foto della Sagra 2022 sono tratte dai profili fb ‘Sagra Ciliegia Ferrovia di Turi’ e ‘Fabio Zita’