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Ai cittadini, ai Sindaci dei comuni italiani, all’ANCI. Botti e fuochi artificiali: è ora di smettere

Sui banchi di certi negozi sono disponibili botti e fuochi artificiali in abbondanza; produzioni prevalentemente estere, commercializzazione italiana; nomi fantasiosi  e “accattivanti”: fontana gigante, fontana…Vesuvio (!) , prato fiorito (!), fontana Michelangelo, petardo caramello… Costi da trenta euro in giù.

La nostra proposta è semplice, divieto di fabbricazione, di commercializzazione di uso: come si è fatto per l’amianto nella UE e in altri paesi occidentali; ovviamente si tratta di merci diverse tra loro ma che sono ugualmente merci nocive e mortifere. Come per l’amianto, anche la storia dei fuochi artificiali è costellata di stragi (diverse perché immediate e non differite dopo lunga latenza); inevitabile non ricordare la strage di Modugno (2015, dieci morti), quella di Messina (2019, 5 morti) e lo stillicidio continuo di  eventi luttuosi che hanno riguardato singoli operai spesso anche molto giovani. Il “comparto fuochi artificiali”, se consideriamo il ristretto numero di lavoratori addetti, è certamente il comparto con la più alta incidenza di morti al mondo. Infatti risulta che i nuovi materiali e le nuove tecnologie abbiano modificato i rischi (meno inquinanti “tradizionali” ma più rischi di esplosione a causa della diffusione dell’uso di nano particelle); in breve: i fuochi artificiali costituiscono la punta dell’iceberg di quella lunga serie di merci nocive e mortifere che occorre bandire per il bene del pianeta e dell’umanità. Nella punta dell’iceberg, oltre l’amianto, ovviamente vi sono le armi la cui produzione sta oggi crescendo vertiginosamente non solo al “servizio” degli eventi bellici ma anche per sostenere la repressione in paesi i cui governi disconoscono il valore della democrazia; sono di coproduzione franco-toscana le pallottole che colpiscono oggi le donne e gli uomini che manifestano in Iran; sono italiane alcune grandi fabbriche che forniscono armi da guerra ai tanti regimi dittatoriali e guerrafondai del mondo.

Bandire i fuochi oggi è anche un messaggio simbolico a favore della pace immediata che vorremmo sul fronte russo-ucraino.

In vista delle prossime festività dunque facciamo, anzi reiteriamo (assieme a numerosi cittadini ed associazioni ecologiste ed animaliste) una proposta semplice ai Sindaci (nella loro veste di autorità sanitarie locali): adottare drastiche misure di contrasto nei confronti della commercializzazione e dell’uso di fuochi artificiali e botti. Fuochi che sono retaggio di “culture” e usanze di altri tempi (festa, farina e forca), esibizione gradita ai monarchi per ipnotizzare la plebe, e alla criminalità organizzata in occasioni di battesimi e compleanni (per carità: non che chiunque li usi sia un “affiliato” , ci mancherebbe…). Anche la Chiesa li vede ormai con scetticismo (pur con un atteggiamento a volte …pilatesco): merce nociva e mortifera che ormai ci costringe ad ogni Capodanno alla conta di feriti e a volte di morti, a causa del loro uso. Per non tacere gli eventi gravi ma spesso non censiti (reazioni allergiche o crisi asmatiche; ma gli inquinanti diffusi sono nocivi anche per l’apparato cardiovascolare perché dai polmoni “entrano in circolo”). Ancora: per non tacere dell’impatto negativo sulla salute psicofisica degli animali. Nella impossibilità di far giungere il nostro messaggio a tutti i singoli Sindaci italiani quest’anno ci rivolgiamo all’ANCI con l’invito a dare indicazioni ai singoli comuni per una omogenea, drastica, definitiva azione di contrasto. Il “chiacchiericcio” inconcludente sui temi del cosiddetto ‘green deal’, della sostenibilità sociale, della lotta agli sprechi approda alla “indifferenza” delle istituzioni e dei decisori politici rispetto a una pratica assurda che inquina, spreca e distrugge.

Invitiamo ogni cittadino che condivida questo appello a fare pressing sul Sindaco del proprio Comune.

Al governo la responsabilità di decidere misure più ampie che risolvano il problema alla fonte: vietando la produzione.

Auguriamo gioia, serenità, solidarietà, inclusione e fratellanza, sentimenti perseguibili con altri mezzi, ben diversi dai petardi, anche consultando le associazioni di volontariato e le associazioni ecologiste.  

VITO TOTIRE

per la campagna mondiale “bando dei fuochi pirotecnici” 

Grata

Centro permanenza per il rimpatrio di Bari, la violazione della Costituzione è Palese

Riceviamo da Gino Stasi, Associazione Salute pubblica; Andrea Tenore, Mesagne Bene Comune; Vito Totire, Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria “Francesco Lorusso” questa lettera che volentieri pubblichiamo. È indirizzata a: Sindaco di Bari, Presidente della Regione Puglia, Direttore generale Asl Bari, Direttore Dipartimento prevenzione Asl, Giudice di Sorveglianza del Tribunale di Bari e alla Rete nazionale noCpr. Ecco di seguito il testo.

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Non imiteremo quei cittadini tedeschi che dopo il 1945 interrogati sui lager hanno detto “non sapevamo niente”; spesso si abusa nel proporre similitudini insostenibili; è successo per le ennesima volta anche di recente; vogliamo essere chiari dunque: nessuna analogia tra Cpr e genocidio ma la forza del meccanismo della “associazione di idee” aumenta in questo “caso” in cui comunque la esistenza stessa del Cpr si configura come una aperta violazione dei diritti costituzionali e della dignità delle persone; definire i Cpr un luogo in cui vengono praticati “trattamenti disumani e degradanti” pare persino un eufemismo.

Sta di fatto che sintonizzarsi su RADIO CARCERE è possibile per tutti compreso il Sindaco di Bari e il Presidente della Regione Puglia e certamente i due esponenti istituzionali citati hanno avuto possibilità di ascoltare la testimonianza di Osvaldo (giovedì sera 1° dicembre 2022) persona proveniente dall’Ecuador oggi ristretto nel Cpr di Bari perché, giunto in Italia nel 1999, oggi si trova sprovvisto di permesso di soggiorno; un “sans papier” secondo la elegante definizione francese; definizione elegante ma sostanziale perché a queste persone, in effetti, manca solo …un pezzo di carta per non essere espulse! Sta di fatto quello che Osvaldo racconta dall’interno del Cpr: “spedito” a Bari in quanto “non c’era posto a Milano e Torino”; docce rotte; turche inagibili; si vive nella sporcizia; senza lenzuola, al freddo; frequenti azioni autolesioniste (persone per esempio che bevono detersivi o fanno “di peggio”); detenuti privati di lacci e cinture (una politica di prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo solo di tipo custodialistico!); privati ovviamente di lamette e di smartphone (meglio non fotografare perché non si conoscano fuori le vere condizioni interne!); pare che le ambulanze non entrino e risulta che una dottoressa, dopo un breve periodo di lavoro, sia andata via perché “non sopportava di vedere…”; ad ogni modo la intera testimonianza di Osvaldo è disponibile negli archivi di Radio Carcere/Radio Radicale.

Gli osservatori esterni (operatori socio-sanitari o giornalisti) e anche ovviamente i reclusi ritengono che “il CPR sia peggio del carcere”; se già per la gestione delle carceri l’Italia è stata “bocciata” più volte dalla UE cosa succederebbe se la UE dovesse pronunciarsi sui Cpr?

Non che le carceri pugliesi siano in condizioni “accettabili”; è che alla condizione di inaccettabilità, che comunque traspare anche all’esterno da informazioni e testimonianze, si associa pure la scarsa o nulla trasparenza; abbiamo reiteratamente chiesto – senza mai ottenere risposta – di accedere ai rapporti semestrali Asl riguardanti le carceri di Turi e di Bari; pare dunque paradossale ma tuttavia è realistico chiedere: che il monitoraggio semestrale delle condizioni carcerarie da parte della Ausl (previsto dall’articolo 7 della legge di riforma penitenziaria  354/1975  e di cui, appunto, non siamo riusciti a sapere nulla per Turi e Bari) venga immediatamente esteso al Cpr di Bari Palese e a tutti i Cpr italiani.

Non si può, infatti, se non in spregio alla Costituzione repubblicana, sostenere che i Cpr NON SONO CARCERI o prendere atto, finalmente, che di carceri si tratta, e con questo “legittimare” una grave discriminazione tra persone, particolarmente insopportabile in quanto basata, sostanzialmente, anche sulla nazionalità di provenienza.

Dunque la nostra proposta e richiesta pressante è: il Sindaco e il Presidente della Regione dispongano immediatamente un sopralluogo della Ausl di Bari nel CPR ai sensi dell’art.11 della legge 354/1975 (il medico provinciale visita ALMENO DUE VOLTE ALL’ANNO…);

LA STORIA DELLA SANITA’ PUBBLICA CI DICE CHE LA NORMA DEL 1975 NON E’ UNA “NOVITA”; GIA’ NELL’OTTOCENTO I PENITENZIARI ERANO VISITATI PERIODICAMENTE DALL’UFFICIALE SANITARIO: VOGLIAMO TORNARE INDIETRO?

Ovviamente chiediamo che le “visite” siano estese e includano dunque tutti i siti nei quali si esercitano pratiche di privazione o limitazione della libertà: carceri, strutture psichiatriche per trattamenti sanitari obbligatori, REMS-residenze per la esecuzione delle misure di sicurezza (che in Puglia sono tre), celle delle questure, eventualmente, dove necessario, residenze per anziani.

Queste “visite”, che devono evolvere dalla pratica della osservazione a quella ispettiva, NON RISOLVERANNO I PROBLEMI E LE CONTRADDIZIONI MA COSTITUIREBBERO UN CONTRIBUTO AL PERCORSO NECESARIO PER GARANTIRE A TUTTI, A PRESCINDERE ANCHE DAL PAESE DI PROVENIENZA, I FONDAMENTALI DIRITTI UMANI E COSTITUZIONALI.

Grazie della attenzione, rimaniamo in attesa di riscontro e di dialogo.

Gino Stasi, Associazione Salute pubblica

Andrea Tenore, Mesagne Bene Comune

Vito Totire, Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria “Francesco Lorusso”

Brindisi/Bologna, 5.12.2022

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6 dicembre 2022: giornata, di memoria, lutto, riflessione, azione e speranza per il futuro. Per un mondo con zero morti sul/da lavoro

Il 6 dicembre 2022 è il 15° anniversario della orrenda strage operaia della Tyssenkrupp causata dalla omissione dolosa di misure di prevenzione; rimuovere la scadenza sarebbe impossibile ma  soprattutto deleterio e segno di grave rassegnazione; considerato il drammatico reiterarsi di stragi e di morti di lavoratori in Italia e nel mondo negli ultimi decenni (da Torino al Qatar) una serie di associazioni di base di familiari delle vittime e di lavoratori si mobiliteranno perché la memoria di questi eventi non venga tradita e al contrario alimenti, anche nella scia del tentativo di elaborazione dei  lutti e di vicinanza ai familiari,  azioni finalizzate alla prevenzione di eventi analoghi a quello che stiamo ricordando; secondo fonti attendibili (OMS/OIL) nel 2016 nel mondo ci sono stati 2 MILIONI di morti sul lavoro e 90 milioni di anni di vita persi con un rilevante incremento rispetto al 2000; in Italia i morti “ufficiali” per eventi acuti sono almeno (in quanto sottostimati) 1400 ogni anno. Bisogna fermare la strage!

Le associazioni invitano dunque lavoratori, cittadini, associazioni sindacali, studentesche e politiche democratiche ad esprimere nella giornata del 6 dicembre i loro sentimenti di lutto in ricordo delle vittime con drappi neri e con l’accensione di candele (o comunque azioni simboliche simili) e ad organizzare incontri pubblici per riflettere collettivamente su come agire nell’immediato futuro affinché a tutti/e venga garantita la stessa speranza di vita di salute e di benessere lavorativo. Troppe volte abbiamo gridato con rabbia e disperazione “mai più”; oggi dobbiamo concretamente costruire le condizioni perché quello slogan non rimanga solo una vaga speranza.

Le associazioni promotrici: AFEVA-Associazione familiari vittime dell’amianto, Associazione in  memoria di Mattia Battistetti OdV, Familiari delle vittime Tyssenkrupp Demasi, Rodinò, Marzo, Lavoro e salute (rivista) Medicina Democratica, Rete nazionale lavoro sicuro. Numerosissime le adesioni già pervenute. Per ulteriori adesioni e per annunciare la propria presenza: vitototire@gmail.com – 333.4147329.

*Incontro pubblico martedì 6 dicembre 2022 Cassero s. Stefano Bologna, Circolo anarchico A. Berneri  ore 17.30: “Quali azioni per contrastare la strage di lavoratori da Torino al Qatar”.

Vito Totire

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Marcinelle, 8 agosto 2021: basta con la Giornata dell’italiano all’estero. Che sia la Giornata del lavoratore all’estero

Il ceto politico soffre di vuoti di memoria; ma la eziologia dei vuoti non si spiega con la medicina organistica si spiega con l’opportunismo di bassa lega; passata in totale silenzio la giornata indetta dall’Onu contro la tratta di esseri umani (30 luglio), in Romagna “offuscata” dalla pataccata della “notte rosa”; passato sotto silenzio il 76°  anniversario dell’olocausto nucleare di Hiroshima, che sarà della giornata dell’8 agosto, anniversario della strage operaia nella miniera di carbone di Marcinelle?

Marcinelle (Belgio), 8 agosto 1956 : 262 morti di cui 136 italiani! Una strage causata da omissione di misure di sicurezza in ossequio alla prassi del massimo profitto a tutti i costi (inclusi i “costi” umani); sia pure sotto forma di stillicidio continuo e non di stragi così numericamente eclatanti la storia , ancora oggi, si ripete tanto da indurre persino Draghi e citare la questione , ovviamente, “il giorno dopo” e ovviamente con inutili parole di “rammarico”. Sulla stessa lunghezza d’onda del “rammarico del giorno dopo”, ieri per Luana , oggi per Laila… e per tante/i altri, si pongono: la rimozione della strage di Modugno del 2015 (10 morti), la rimozione della lapide per Reuf Islami a Bologna (qualche candidato sindaco si recherà sul luogo dell’omicidio prima del giorno delle elezioni comunali ?), il divieto del presidente della Regione Puglia Emiliano di lavorare in campagna sotto il sole cocente… i “divieti del giorno dopo”… avrebbe fatto meglio la Regione Puglia ad accogliere la proposta avanzata nel 2017 per la prevenzione de rischi lavorativi dalla Rete per la ecologia sociale e da “Sanità pubblica”.

Ora i dati ufficiali parlano in Italia di 583 morti sul lavoro nel primo semestre 2021; sono dati lacunosi e parziali; di questi 583, 75 erano “stranieri” cioè una percentuale più alta della percentuale degli immigrati sul complesso dei lavoratori impegnati sul suolo nazionale; evidentemente non esiste una specificità etnica: i più colpiti sono i lavoratori vittime di esposizioni a rischio che sono sempre indebite ed evitabili; tuttavia la riflessione sulla realtà ci porta a concludere (e ribadire, ma lo diciamo da anni) che non ha nessun senso una giornata per ricordare il lavoratore italiano all’estero ma che ha senso una giornata per ricordare il lavoratore all’estero in quanto lavoratore più a rischio di infortuni mortali e di esposizione a fattori di rischio e di nocività. Nonostante il semestre bianco il Presidente della Repubblica potrebbe esprimersi su questa necessità di cambiamento: facciamo dell’anniversario della strage di Marcinelle una giornata di riflessione e di iniziative concrete per la sicurezza sul lavoro che è per tutti i lavoratori, per i loro familiari e per tutta la società se questa vuole essere una società civile e solidale.

L’Associazione Marcinelle/lavoratori italiani è una strumentalizzazione ideologica; i lavoratori, italiani e non, in quanto creditori di sicurezza sono tutti sulla stessa barca che è la stessa barca dei migranti in fuga da morte certa. La società che vogliamo è una società che garantisca uguale speranza di vita e di salute per tutti/e le persone e le specie.

Bologna, 7/8/2021

Vito Totire Rete per l’Ecologia sociale – Via Polese 30 – 40122 Bologna