
Il Maestro Francesco Valentini, non è più tra noi. È tornato alla casa del Padre nella giornata dello scorso 7 di maggio, con le sue esequie celebrate il giorno seguente, poche ore dopo la Solenne recita della Supplica alla Vergine SS. del Rosario di Pompei, a cui l’artista era particolarmente devoto.
Con la scomparsa del Maestro, l’intera comunità cittadina turese perde un’indiscutibile figura nel mondo dell’arte giunta troppo tardi sui grandi palcoscenici mediatici ma ancora da molti suoi compaesani sconosciuta. Per tutta la sua vita, l’artista ha vissuto un suo proprio dissidio interiore tra quello che era costretto a fare per vivere e mantenere la sua famiglia, e ciò che in cuor suo avrebbe voluto fare.
Solo col raggiungimento dell’età pensionabile, l’Uomo Francesco Valentini ha potuto finalmente dar libero sfogo alle proprie pulsioni artistiche troppo a lungo represse, combattendo il pregiudizio, lo scherno, la voluta sottovalutazione del suo estro artistico innato, da parte di diversi suoi paesani, anche addetti ai lavori, incapaci di comprendere un fatto elementare: o si nasce col dono innato dell’estro artistico, o non vi può essere preparazione Accademica che tenga, in grado di costruirne uno. Certo la preparazione Accademica sommata all’innato estro possono portare alla realizzazione di autentici capolavori, ma vanno sempre considerate quelle che sono le situazioni di partenza, che nel caso di Valentini vedevano la sua famiglia di provenienza, dedita al duro lavoro nei campi, sottovalutare in modo importante questa sua predisposizione creativa. Di lì la conseguenza non poteva che essere l’accantonamento pubblico di questo estro per dar spazio ad una vita dura da imprenditore agricolo con cui fino all’età pensionabile ha provveduto alla crescita sociale ed economica della sua famiglia. Al Maestro Valentini, però oltre all’innato estro artistico, va riconosciuta una strenua tenacia, e ferrea forza di volontà nel non abbandonare definitivamente l’esercizio della sua manualità, continuativamente esercitata per sessant’anni furtivamente agli occhi indiscreti, sulla viva roccia calcarea di un suo podere in contrada “la Cavallarizza”.

In questo che vuol essere un semplice e momentaneo saluto al Maestro, riporto Voi tutti indietro nel tempo alla giornata del 27 ottobre 2024 quando presso la sua dimora ho avuto il grandissimo piacere di esaudire insieme agli amici dell’Associazione “Il Viandante”, dell’ Associazione Culturale “Accademia Italia in Arte nel Mondo” ed altri volenterosi Amici, un suo desiderio: quello di presentare alla presenza del Sindaco di Turi Giuseppe De Tomaso, dell’Assessore alla Cultura dott.ssa Teresa De Carolis e di un affollatissimo parterre di turesi e giornalisti curiosi, la sua ultima grande opera in marmo di Carrara, alta 3 metri circa x 1,50 di larghezza, realizzata in due anni intensi di lavoro e ribattezzata dallo stesso la “Venere Valentini”.
<<Lo scultore, che fino ad oggi aveva riprodotto in marmo le opere classiche dei grandi autori del passato contestualizzandole nella loro teatralità classica – vedesi ad esempio la monumentale realizzazione del “Ratto di Proserpina” – questa volta si è spinto ben oltre, estraendo la “Venere” dal contesto figurale del Botticelli e affidandole un diverso messaggio ricco di simbologia. L’abile Artista, dando sfogo alle proprie capacità interpretative, come il Sandro Botticelli nella sua opera, ha interpretato il concetto di bellezza e armonia pur concedendo, come gli artisti in età Umanistica, qualche difetto in ambito prettamente anatomico, particolari sacrificati sull’altare dell’armonia. Così come il grande maestro fiorentino, anche l’opera di Valentini mostra un collo leggermente più lungo del dovuto ma funzionale alla resa estetica della slanciata e folta capigliatura mossa dal vento.
Nella posa della Dea, il modello a cui il nostro Scultore attinge è quello ellenistico della ‘Venus pudica’ in atteggiamento di ricoprirsi con le braccia il seno e il basso ventre. Se il Maestro fiorentino per il suo “Approdo di Venere sull’isola di Cipro” è ispirato dal Poliziano, riscopritore dei testi classici di Ovidio, Esiodo e Lucrezio, raffigurando la Venere che avanza leggera su una conchiglia lungo la superficie del mare increspata dalle onde, sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, mostrandola in tutta la sua grazia e ineguagliabile bellezza, in quella del Valentini, invece, la fanciulla assume una valenza cristiana che trova il proprio sentire nella lezione di vita acquisita dal Maestro. Lo scultore, per forza di cose, deve di necessità far virtù in un’arte nella quale nulla si può aggiungere ma in cui tutto si deve togliere che sia superfluo, senza possibilità alcuna di ritornar sui propri passi. Ecco quindi che nella propria continua ricerca estetica, scolpendo e levigando tra l’estasi e il tormento del proprio spasmo creativo per ben due anni, Valentini raffigura a tutto tondo una fanciulla che avanza su di una conchiglia sospinta da quattro delfini in coppie simmetriche a comporre un basamento, al di sopra del quale si apre la conchiglia bivalve che mostra all’osservatore una figura slanciata il cui equilibrio statico è assicurato da due importanti soluzioni tecniche: la perla posta sotto il calcagno destro della stessa e un altro delfino che ne sorregge il peso.

Con l’introduzione di questi due escamotage tecnici dall’altissima natura realizzativa, si evince il nuovo simbolico significato dato dall’Artista all’intera opera. Infatti, se nella “Venere” rinascimentale la nudità della dea non rappresenta per i contemporanei dell’epoca una pagana esaltazione della bellezza femminile, ma piuttosto il concetto di Humanitas intesa come bellezza spirituale, nell’opera del Maestro turese la fanciulla rappresenta la purezza, la semplicità e la nobiltà dell’animo cristiano all’atto della creazione in cui il movimento della folta capigliatura, a differenza del quadro fiorentino, è dato dall’alito di Vita che promana da Dio Padre Creatore. L’Uomo difatti, secondo S. Giovanni Crisostomo, sarebbe la più grande figura vivente, “la più preziosa agli occhi di Dio dell’intera creazione”, dotato di un corpo che lo rende partecipe della dignità di immagine di Dio, e di un’anima, cioè di un principio spirituale, destinata a diventare il Tempio dello Spirito Santo.
Analizzando gli altri simboli presenti nella scultura valentiniana, troviamo nella conchiglia il simbolo cristiano che indica il pellegrinaggio umano nella vita terrena improntato alla purificazione spirituale in vista del gran giudizio finale, ma anche quella purificazione proveniente per i neo-battezzati nella Fede cristiana, come confermato dall’utilizzo massiccio di questo simbolo sulle acquasantiere e fonti battesimali. Il Delfino raffigurato solo, invece, rappresenterebbe Gesù Cristo nella sua funzione di Amico per eccellenza, di colui che da speranza e conduce alle rive più sicure del cielo e della salvezza eterna, simbolo spesso utilizzato nelle catacombe paleocristiane. La perla, nella perfezione della sua forma sferica e della sua superficie illuminata e sfuggente ad uno sguardo complessivo, secondo gli scritti di Sant’Efrem il Siro, racchiuderebbe proprio il Mistero di Cristo, a partire dalla sua incarnazione in un corpo fisico, come la perla stessa in un’ostrica, proseguendo con la sua Passione e Morte – la perla è frutto di una ferita dolorosa che l’ostrica subisce a causa di un corpo estraneo – momento in cui il Cristo, perdonando l’animo umano corrotto, lo lavò col proprio sangue rendendolo nuovamente innocente, puro, pieno di fede e saggezza.
In definitiva l’ultra ottuagenario artista, muovendosi controcorrente in un’epoca che sembra aver perso nuovamente la bussola, lancia un forte e significativo messaggio, al di fuori degli attuali condizionamenti sociali e di quelli stringenti accademicamente parlando, affinché l’Umanità prevalga sulla bestialità corruttiva del mondo odierno.>>

A breve, col Maestro Valentini, avremmo in questo mese di maggio realizzato una mostra presso Palazzo Cozzolongo-Turi, con evento inaugurale nella giornata di venerdì 16 Maggio. I suoi occhi fino a lunedì scorso quando ci siamo visti per approntare gli ultimi dettagli erano raggianti di gioia per questa nuova possibilità di mostrare le sue creazioni ai paesani affinché potessero godere di cotanta bellezza ed apprezzarne la maestria. Con la tua improvvisa dipartita, puoi stare tranquillo che in accordo con la Tua Famiglia, porteremo avanti il tuo desiderio di far conoscere il tuo talento innato, le tue opere, la tua passione in quello che facevi e l‘immenso Amore per l’Arte che ha letteralmente pervaso ed accompagnato la tua intera Esistenza.
La cittadinanza di Turi è invitata il giorno venerdì 16 Maggio 2025, alle ore 19;00 presso Palazzo Cozzolongo per l’Inaugurazione della Mostra dal titolo: “La scultura oltre la materia. Il percorso di Francesco Valentini”
Pietro Pasciolla