La notte di san Giovanni Battista, è una festa del cristianesimo, ma ha origine pagana, legata alle sensazioni di mistero – e di protezione – che i popoli antichi provavano in occasione di eclissi o di solstizi, o di altri fenomeni celesti inspiegabili con le conoscenze primordiali. E, da allora, fino a tempi recentissimi, la notte del 23 giugno (siamo intorno al solstizio d’estate) si legava per tradizione a diversi riti di arti magiche, come pure attirare a sé la persona amata, divinare gli incontri amorosi, il futuro delle donne in età di fidanzamento. Dopo l’avvento del cattolicesimo, nonostante la fede acquisita e praticata, la gente non ha mai smesso di leggere il libro della natura a proprio modo, così come facevano gli avi, combinando preghiere e magia, devozione e divinazione. Tra l’altro, “l’alternativa fra ‘magia’ e ‘razionalità’ è uno dei grandi temi da cui è nata la civiltà moderna” [Ernesto de Martino]. Ma cos’è il rito dell’uovo di San Giovanni? In una ricerca di tradizioni turesi antiche, fatte da alunni della nostra Scuola Media qualche anno fa, veniva spiegato dalle nonne dei ragazzi come si svolgeva a Turi (ma credo ovunque) questo famoso rito della notte tra il 23 e il 24 giugno.
Sul davanzale di una finestra, all’esterno, si metteva un piatto, o una ciotola, e dentro si posava un albume d’uovo fresco, la “chiara” u biànghe de l’uève, affinché san Giovanni, passando, potesse lasciare un segno. Al sorgere del sole, la donna più anziana della famiglia scrutava finalmente il destino, leggendo con le sue convinzioni la forma assunta dalla chiara d’uovo. Ovviamente – è comprensibile – ognuno interpretava i segni a modo suo, come presagio di novità, di buona fortuna, di fecondità e altro. Tra i simboli presunti lasciati dal Santo, per esempio: ciò che sembrava due torri voleva dire matrimonio imminente; la presunta figura di un attrezzo lasciava intuire quale lavoro avrebbe fatto il futuro sposo; chi ci vedeva una barca parlava di prossima partenza (un viaggio lascia sempre sognare); il simbolo di una casa era un segnale di lunga vita, e così via.
Concludendo, però, diciamo che tutto quanto questo è solo tema di vivo folclore. Amorevole quanto vogliamo. Perché per celebrare l’inizio della stagione più bella dell’anno, oltre che raccogliere noci per il futuro nocino (suggestiva la raccolta di noci a mezzanotte tra 23 e 24) basta passare qualche ora con le persone giuste e un buon bicchiere di vino tosto con spicchi di percoche immerse. Con le streghe di Benevento in adunata, con le erbe spiritate e gli elfi sui rami ci giochiamo piacevolmente, così come giochiamo con le stelle cadenti ad agosto. Ma poi, tra realtà e magia, è anche vero che ognuno è libero di cercare la strada che preferisce.
Nella foto di Fabio Zita: la statua di San Giovanni Battista (Chiesa Matrice di Turi), realizzata, con ogni probabilità, intorno al 1825. Lo storico dell’arte F. Di Palo l’attribuisce allo scultore napoletano Francesco Verzella (1776-1835) – vedi ‘il paese’ n. 234/giugno 2015.