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15 maggio, congresso dei Giovani Democratici. Giovani capaci di trasferire il futuro nel presente

Una volta in una piccola bottega artigianale di un paesino finlandese mi colpì una scritta inglese, ben incorniciata, che in italiano recitava “come si mangia un elefante? Un boccone alla volta” (proverbio africano). La mente fa strani giri. Qualcuno dice che la testa sia strategicamente tonda per permettere al pensiero di cambiare direzione. Comunque è un link che non voglio ignorare se per parlare del neonato Circolo turese dei Giovani Democratici, questo ricordo è riemerso.

Il 15 maggio, con le inevitabili modalità online, si è ufficialmente tenuto il primo Congresso Cittadino del Circolo dei Giovani Democratici di Turi, fortemente voluto dalla Segretaria PD Lilli Susca. Una platea numerosa. Giovane e meno giovane. Trasversale. L’istituzionale accanto alla società civile. Un mix insolito per Turi. Che a me è apparso persino credibile. E assai poco di circostanza. Perché un’aria fresca, vera, permeava un po’ tutto. E nessuno aveva voglia di guastare in nessun modo quell’incantesimo.

Appartengo a quell’ampia platea di disincantati che la politica si conquista una volta eletta. Voto. E sto al balcone. In buona compagnia di tanti amici e coetanei che hanno reso bella e produttiva e performante la nostra generazione. Guardo la politica. Ho sempre amato farlo. Ho anche studiato per farlo. Mentre la mancanza di tempo irrobustiva il suo potere attenuante e assolveva la mia coscienza da un impegno rinviato e mai concretizzato. Ammiro chi fa questo anche per me. Chi preferisce rinunciare ad una partita a tennis o ad una cena con amici, per una riunione notturna di partito. Ed ammiro ancor di più chi lo fa a vent’anni. L’età media del neonato Circolo turese. Per il quale sono disposta a mettere sul tavolo un importante credito di fiducia.

Questo paese ha davvero bisogno di loro. Di visioni. Di quelle romantiche prospettive tracciate dal neo eletto segretario Giuseppe D’Addabbo. Fucine sane. Anime incorrotte. Giovani, capaci di trasferire il futuro nel presente. Anime libere, ancora. Prima di essere progressivamente inghiottite in quella macina di costruzione e di distruzione di correnti che ogni grande partito si porta in dote e patisce. Quella purezza è un incanto. Avrei voluto congelarla. Per raccontarla agli stessi partecipanti, a distanza di anni. La politica è la rappresentazione di ciò che vorremmo avere nel nostro paese. O di ciò che vorremmo essere, per saperlo fare in prima persona? È questo il dilemma di chi, come me, è restato al balcone.

Eppure, un piccolo circolo politico a Turi, nel paese in cui le cose non si limitano a morire, ma si estinguono, è il più bel segnale di fiducia sociale che io abbia mai colto negli ultimi anni. Non importa quale pensiero politico questi ragazzi consegneranno al futuro. A me già consola il loro impegno. La loro lettura plurale di una realtà vocata al contrario. Il coraggio di scegliere di stare da una parte. E non ovunque. Indistintamente. E gratuitamente.

Ci sono molte cose che ci fanno intendere quello che siamo. Lo diceva Socrate, per strada “perché stai facendo ciò che stai facendo”? Perché? Com’è intensa questa domanda. È il riassunto più prezioso di cinque anni di Liceo Classico. Quello che oggi mi permette di apprezzare lo sforzo anacronistico di questi Giovani Democratici turesi. Hanno ragione gli africani. L’elefante si mangia un boccone alla volta. Perché con le cose grandi è cosi che si fa. Piccoli morsi. Morsi bambini. Morsi tenaci.

Ilenia Dell’Aera (illidellaera@gmail.com)