In piena pandemia il nostro paese, avvilito anche psicologicamente oltre che economicamente come tutta l’Italia e il resto del pianeta, ha covato da maggio 2020 in poi l’illusione di poter tornare a sognare, fosse anche per una sola estate. E così, moltissimi turesi, compatti come non mai, si sono stretti intorno all’idea di vedere rinascere il nostro simbolo civico per antonomasia: la Torre dell’Orologio, che molti paesi del circondario sicuramente ci invidiano essendo la nostra, senza ombra di dubbio, una tra le più iconiche torri civiche di Puglia.
La costruzione della Torre in quel punto esatto della città si era resa necessaria allorquando, nel 1880, si decise di sostituire il vecchio orologio pubblico non più funzionante alloggiato sull’antico Sedile cittadino posto innanzi palazzo Gonnelli, tenendo presente che il centro cittadino si era da tempo spostato nell’attuale piazza Silvio Orlandi. Nella sua progettazione e realizzazione, l’architetto Sante Simone e la ditta dello scalpellino turese (d’adozione) Giuseppe Schettini riuscivano a mettere in risalto la materia prima principe del nostro territorio, “la pietra”, facendo divenire la torre un esempio ben riuscito dell’eclettismo di fine ‘800-primi ‘900. Il capolavoro civico culminava con la predisposizione al suo interno del meccanismo dell’orologio, firmato dalla pluripremiata fabbrica (con medaglie d’oro all’esposizione internazionali di Anversa, Bruxelles, Parigi), del Cav. Alfonso Sellaroli da Guardia Sanframondi (BN). Illustre artigiano e interprete delle più svariate committenze, il beneventano ideava per Turi la possibilità di azionare contemporaneamente non uno ma bensì tre quadranti posti in direzioni diverse. Per il tempo del rintocco delle campane, si optava per la scelta della “Gran suoneria all’italiana”, segnando le ore e i quarti.
Nel corso del 2020, dicevamo, la speranza divampava allorquando il FAI-Fondo Ambiente Italiano –fondazione senza scopo di lucro, nata con l’intento di agire per la salvaguardia e tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e naturale – in collaborazione con l’istituto bancario Intesa San Paolo, a maggio lanciava la decima edizione del Censimento “I luoghi del Cuore”, che si sarebbe concluso il 15 dicembre dello stesso anno. Mediante un sondaggio su Facebook, la nostra torre civica veniva scelta quale bene da candidare al voto sulla piattaforma del FAI. Scattava così nella nostra cittadina il tamtam mediatico, sull’importanza e sull’occasione da non perdere assolutamente, tanto che i nostri concittadini cominciavano a votare sia online (possibilità di voto per i soli over 14 anni), sia fisicamente ai banchetti predisposti nelle occasioni di ritrovo estivo, ma anche all’interno di alcuni esercizi commerciali. In palio la possibilità di poter partecipare ad un bando presentando un progetto concreto di restauro, valorizzazione o istruttoria, dovendo, però, necessariamente raggiungere prima la soglia minima di 2000 preferenze per il bene candidato.
A dicembre le volontarie turesi del FAI comunicavano il raggiungimento dell’obiettivo minimo delle 2000 firme raccolte per poter partecipare al bando di finanziamento, mentre il successivo 25 febbraio 2021 arrivava l’ufficialità mediante una conferenza stampa del FAI nella quale si rendeva nota la classifica finale nella quale, sorprendentemente, Turi si collocava ad uno straordinario 32° posto nazionale, 5° in Puglia e 2° nella Città Metropolitana di Bari, su oltre 39.500 luoghi in gara segnalati in 6.504 Comuni in tutta Italia. Il risultato era di quelli clamorosi con ben 9.043 voti. Di conseguenza giungeva il momento di concretizzare l’enorme risultato – ribadisco enorme! – aderendo al bando sopradetto previa realizzazione di un progetto di restauro e valorizzazione, mettendo in atto tutte le procedure burocratiche del caso, fra cui la partecipazione al cofinanziamento del manufatto da parte del Comune, ente proprietario della Torre, in una percentuale variabile a seconda dell’importo occorrente per portare a termine il progetto. La partecipazione al bando scadeva inesorabilmente entro il mese di marzo 2021.
Dall’ufficializzazione del 25 febbraio 2021 ad oggi è passato un lungo anno di silenzio assordante, durante il quale in molti sicuramente hanno continuano a guardare giornalmente la Torre e a sospirare, me compreso, in attesa di sapere quali fossero stati gli sviluppi successivi all’entusiasmante risultato conseguito. L’argomento, invece, sembra essere stato fatto sparire volontariamente dai radar dell’opinione pubblica, forse per giustificare il fallimento del tentativo di agganciare il finanziamento. Non mi sorprenderei di ciò, viste anche le risicate disponibilità monetarie messe a disposizione, che non possono chiaramente bastare a coprire le richieste provenienti da tutti i progetti presentati, motivo per cui al FAI avranno sicuramente pensato di dirottare le risorse disponibili sui progetti più significativi presentati, fra cui parrebbe esserci quello del ponte dell’Acquedotto di Gravina in Puglia.
Se fossero questi i risvolti, non ci sarebbe peccato nel dichiarare che, fatto il tentativo, non si è riusciti a portare a casa il risultato, ma temo ahimè che ancora una volta il tentativo non sia stato fatto, per il solito palesarsi di quel ormai evidentissimo e classico sintomo del corto circuito politico-amministrativo-burocratico-associativo che sempre più spesso si manifesta a Turi. Ma quelle 9043 preferenze non possono essere ritenute del tutto insignificanti, anzi tutt’altro, motivo per cui chi di competenza – le volontarie del Fai di Turi, il Comitato all’uopo costituito e l’Ente proprietario del manufatto, il Comune di Turi – devono, dopo un anno, sentire il dovere di dar conto della situazione. I 9043 turesi vogliono sapere e vogliono capire come si è chiusa la faccenda, visto e considerato che se si fosse addivenuti a qualche risultato positivo non avrebbero certo resistito alla voglia di raccontarcelo.
Quello che ci preme sottolineare è che nel giugno 2020, allorché come Redazione de “il paese” predisponemmo sulle nostre pagine un intero ‘Inserto’ sulla Torre dell’Orologio per spingere i turesi al voto, eravamo consci comunque della difficoltà nel riuscire a portare a casa il risultato, e già allora invitavamo le autorità locali a valutare altre possibilità di finanziamento per poter progettare la ristrutturazione del manufatto architettonico e programmare la sua valorizzazione in modo serio e con visione a medio-lungo termine, anche con risvolti museali e turistici. Chiudo ricordando la passione con la quale lo scalpellino Giuseppe Schettini scolpì personalmente e nei minimi dettagli il fregio floreale in cima alla Torre, contro l’indicazione dell’architetto, secondo cui dal basso quei particolari non si sarebbero notati. Ebbene, Schettini gli rispose “lo faccio per Turi”, e continuò la sua opera conferendo a quella enorme corona in pietra, posta al di sotto della banderuola col nostro vessillo civico, tutto il proprio sapere tecnico e le proprie abilità e con esse quelle di tutti i mastri scalpellini conosciuti e non della nostra terra di Turi e di Puglia a imperituro ricordo di come le nostre belle cittadine pugliesi siano nate e siano state plasmate cavando la pietra calcarea, ingentilita dalla sapienza e dalla maestria di questi artisti. D’ora innanzi, chi avrà l’onore e l’onere di amministrare Turi, tenendo a mente tutto ciò, si prodighi per far risorgere la Torre dell’orologio e con essa l’orgoglio della nostra città.
Pietro Pasciolla
Note: 1) Le foto della Torre Civica di Turi sono di Giovanni Palmisano; 2) l’articolo è già pubblicato sulla rivista ‘il paese magazine’ n. 300/gennaio-febbraio 2022